TEMPI MODERNI

«Les lapins qui mangent des choux
le monde est dessous dessus».

Francè, diciamo la verità, un po’ te lo sei voluto, perchè a forza di dire: “ma sì ma forse questo si può fare, quest’altro no, ma anche forse sì”, il gregge, se il pastore non lo irregimenta un po’, pensa che tutto sia possibile. Non oso immaginare cosa avrebbe fatto quell’omaccione Santo di Wojtyła, se la dolce coppietta avesse esternato – papale, papale – con lui Papa. Se poi un giorno, in nome del fatto che tutte le religioni sono buone, uscirà un cardinalazzacchione che vuole sette mogli, che si fa?

Non si capisce niente più: la terza guerra mondiale è cominciata già da un bel pezzo e sembra che solo Putin abbia individuato alleati e nemici. Gli altri, tutti in ordine sparso. L’abbronzato incanutito dice che certo, la guerra all’Isis si deve fare, ma trovandoci, facciamola pure a Assad. Il mese scorso diceva che bisognava farla a Puntin per la faccenda Ucraina, Hollande ha mandato gli aerei, ma non ha capito contro chi deve sparare e la Nato da un’altra parte centra in pieno l’ospedale dei Medici senza frontiere che, vabbeh, sono antipatici, ma farli fuori così, sembra eccessivo.

E noi? Mentre il Corsera, organo dell’Isis, si gingilla tra hamburger di dromedario e Fiordaliso che non ha più voglia di far sesso (contenta lei, contenti tutti), il Parlamento c’intrattiene con reality spazzatura a base di moccoli, risse e gestacci: tutta scena, quand’anche la facessero, la riforma senza maggioranza qualificata, ci penserebbe un referendum a cancellarla, semprechè – come dice Ostellino il Grande – non si votino una bella dittatura così ciò che è già di fatto, diventerebbe di diritto, in questo storto paese. Che poi, “con quella faccia un po’ così” che ci ha questo Renzi qui, che dittatura miserabile! Avessimo un aitante barbuto come Fidel Castro, un colonnello straripante di sex appeal come la buon’anima di Gheddafi, faremmo figura migliore (forse è per questo che Fiordaliso non vuol più fare sesso). Invece sto’ Fracchia di Pontassieve, leone domestico e coniglio stradale, non ci fa non dico pennacchio, ma manco una piumetta. L’Italia si è arresa a priori: chi vince vince, chi perde perde, noi siamo mani in alto e mutande calate. L’Europa si è sgretolata come un grattacielo senza cemento, ma noi continuiamo ad obbedire sull’attenti davanti ai calcinacci. Sarebbe il momento, nella confusione generale, di riprenderci il maltolto, ma ahinoi!, tutto ci trapanarono, all’epoca del Cav, dicendo che l’Italia faceva ridere. Bene. Ora fa piangere.

Resta la sua straziante bellezza, morente come i tramonti della Magna Grecia, appena macchiati dall’inesorabile vandalismo dei forti; silenziosa come la poesia dei borghi antichi dove la natura sovente soccorre con le sue grazie, l’artificio in rovina, e dove il primo raggio di sole fa accorrere a frotte sugli usci le seggioline impagliate e le chiacchiere; impotente come quelle donne e quegli uomini che sono l’Italia, con la loro memoria, l’operosità schiva, gli abiti lisi argentati dal tempo. In nessuna epoca i palazzi furono tanto lontani e diversi dagli sventurati sudditi.

Detesto l’arte contemporanea però vorrei che Christo, l’impacchettatore, andasse per ogni contrada per imballare le nostre cose, musei, siti archeologici, paesaggi, biblioteche e tutto fosse coperto, conservato per tempi migliori.

Per noi Italiani, una diaspora. Lontani dal nostro suolo, calpestando un’erba che non è la nostra, l’Italia, forse per noi ritornerebbe ad essere la terra promessa, sperata, perduta, che induce al pianto quando ascoltiamo le note del “Va pensiero” e ci commuoviamo senza troppo capire. Per avere una Patria, occorre combattere ogni giorno. Non basta esultare al goal della Nazionale. No, davvero.

Angela Piscitelli
Zona di frontiera, 5 Ottobre 2015


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