LA CULTURA DEI MORTI VIVENTI

A mio modesto avviso, il caso Sandro Bondi è stato molto utile per comprendere fino in fondo quale pattumiera di graveolente immodizia stia diventando l’Italia. A destra, tranne Silvio Berlusconi, che ha rinnovato la doverosissima stima che si deve ad un vero gentiluomo e ad un raffinato uomo di cultura, non c’è stato che un silenzio glaciale, rotto solo dall’apostrofe non si sa se più ignobile o dissennata di Marcello Veneziani, il quale si crede uomo di cultura ma non si sente in dovere di solidarizzare con coloro che uomini di cultura sono. E questo, dopo il vero e proprio svarione di Giulio Tremonti, che ritenevamo uomo alquanto più “fine”, e che invece è soltanto un ottimo economista senza cultura (come è privo di cultura chiunque ignora i tutt’altro che ornamentali motivi della cultura).

Tra gli intellettuali di diversa sponda, invece, schiamazzante ilarità da sguatteri, cachinni senza dignità, abbaiamenti indecenti, cacofonie non si sa se più idiote o mascalzonesche. Una sola meravigliosa eccezione: Andrea Carandini, che sapevamo archeologo estremamente raffinato, ma che ora troviamo essere anche gentiluomo.

E qui viene alla memoria il noto sonetto di Francisco de Quevedo y Villegas (“Ay, de la vida… Nadie contesta!”) del quale ci occorre tentare una molto libera parafrasi, la seguente: “Che ne è della cultura di sinistra (ammesso che ce ne fosse stata una)? Che cosa, delle giubilanti sicurezze intorno al “senso della storia”, che cosa degli immancabili destini del proletariato, delle tiritere palingenetiche, delle sensibilità tipo Tania Schucht? E che cosa della loquela dei logorroici Premi Nobel, dei recensori di libri, semiologi, cristologi, dei taciturni ex-stalinisti, sovietologi e clowns affini, taciturni perché colpiti dalla classica “figura di m…” di chi ha sbagliato tutto nella storia, compreso il medesimo concetto di storia? Dove sono coloro che fino all’altro ieri ci insegnavano cosa pensare e come vivere, oggi ridotti a difendere i diritti del terzo sesso, o di quelli “che-non-hanno-contribuito” a far fuori qualcuno, e consimili anime belle?

Cocludiamo con altre quevedesche parole:

Buscas en Roma a Roma, ¡oh, peregrino..!
…cadáver son las que ostentó murallas
y tumba de sí proprio el Aventino…

Si’, è cosi’: “Pellegrino, tu cerchi Roma nella stessa Roma dove più non la trovi; ormai sono cadaveri le sue ostentate muraglie, e tomba a sé stesso è l’Aventino…”

Ma una differenza c’è. Quelli cui si rivolgeva Quevedo, erano morti. Quelli ai quali invece ci rivolgiamo noi, sono invece morti-viventi, cioè Italiani nuovi. A costoro, il fatto che si osi far la guerra (“mediatica”) contro un gentiluomo “ca pe’ sbagli’è nnat’ accà”, non fa né caldo né freddo.
Che ne dice, per esempio, colui che a Napoli è noto come “Onn’Eugenio ‘a Macchietta”? Tace, tace anche lui!

Leonardo Cammarano, 10 marzo 2011

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Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 10 Marzo 2011


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