IL CONCETTO CROCIANO (E BANANA EUROPA)

Si è celebrato in questi giorni il 150° centenario della nascita di Benedetto Croce. Il filosofo è di tale importanza, e talmente decisivi sono i motivi ed i temi della sua opera, che a me riuscirebbe difficile dire di lui senza peccare di intrusione in argomenti troppo più grandi di me. Ho pensato che l’unico modo di celebrare con la dovuta modestia uno dei due o tre massimi pensatori del ‘900, sia farlo con una citazione: quella che segue, poco notata immagino, tratta da la Logica, (Sez.II – ʺIl concetto e la forma verbaleʺ). È un brano singolare, e magistrale, che in pochi tratti sgombera l’argomento da ogni sottigliezza formalistica e pedanteria tipo ʺfilosofia analiticaʺ, ʺteoria del linguaggioʺ etc., mostrando la modernità e spregiudicatezza d’un pensiero a torto ritenuto pedante, farraginoso, dunque il contrario di ciò che in realtà esso è: agile e semplificante.

Il brano consegue la chiarezza nella semplicità, avvalendosi di dati generati da intuizioni (pertanto restando nelle premesse della stessa teoria crociana), ed è quindi l’opposto di quelle definizioni del concetto che tentano di realizzarsi affastellando argomenti esteriori, e delle quali è forse esempio massimo, lungo la storia della teoria del concetto, il complexe significabile di Gregorio da Rimini, ch’è una sorta di astruso ʺverbaleʺ del prodursi del concetto stesso.

Per Croce il concetto vive, e sta, molto semplicemente nella complessità significante del pensiero via via pensato, dunque ovunque riesca a esprimersi, senza alcun ricorso a verbalismi, classifiche prestabilite, e altri dispositivi linguistico-logici. È insomma un limpido esempio di quella che potrebbe definirsi una ʺfilosofia senza filosofemiʺ, tipica del pensiero crociano, sempre estremamente spregiudicato ed antiaccademico.

Ecco le sue straordinarie parole:

ʺCome, rispetto al concetto, la definizione non è da ritenere da esso distinguibile, cosí, nel suo aspetto espressivo o verbale, non bisogna intenderla come formoletta che si stacchi dal fondo del discorso, e sia quasi veste ufficiale della verità (…). La definizione, verbalmente intesa, non è formula, periodo o parte di un libro o di un discorso, ma è l’intero libro o l’intero discorso, dalla prima all’ultima parola, compreso tutto ciò che in questo sembra accidentale o superficiale, compresi perfino l’accento, il calore, l’enfasi e il gesto della parola viva, le note, le parentesi, i punti e le virgole della scrittura (…). Il concetto si esplica del pari in opuscoli e in dialoghi, in prosa e in verso, in satira e in lirica, in commedia o in tragedia. Definire, sotto l’aspetto verbale, vuol dire esprimere il concetto; e tutte le espressioni del concetto sono definizioni (…). Il buon senso riconosce tranquillamente che la cosa sta proprio cosí, e che un epigramma puó fornire quella precisa ed efficace definizione alla quale l’ampio e scolastico volume di un dotto si era sforzato invano…ʺ etc.

Qui il concetto appare munito di vitalità, sapore, carattere, come devono tutte le cose vive. Mirabile modo di filosofare che tra l’altro, nelle attuali celebrazioni crociane, avrebbe dovuto trovare non quel ʺmutismo assordanteʺ (felice espressione che Hermann Broch dedica alla cultura del nostro tempo) del quale siamo stati testimoni, ma suscitare in noi Italiani l’orgoglio di essere conterranei di Croce, cosí come penso suscitino un legittimo orgoglio nei cuori spagnoli o germanici le altrettanto mirabili definizioni della ʺdemocraziaʺ di Ortega y Gasset come metodo esclusivamente politico (in Democracía morbosa, del 1917) o la telegrafica, secca definizione di Wiesengrund Adorno della ʺcultura di massaʺ come fenomeno riduttivo (ʺla culura ridotta a… culturaʺ).

È in questi formidabili lampi d’intelligenza, e non coi prezzi del prosciutto o con il dissennato controllo della curvatura delle banane, che l’Europa avrebbe dovuto ritrovare se stessa, anziché avviarsi e perdersi – come va facendo – in quel tragico fallimento per conclamata idiozia cui stiamo assistendo impotenti.

Che farci? È avvilente constatare che, anziché a cose serie, le menti dei nostri conterranei siano quasi tutte rivolte a decidere, con comica preoccupazione, se e quanti sessi debbano e possano sposarsi, riprodursi, ereditare, etc. Strano mondo: intorno si tagliano teste a migliaia, noi destiniamo le nostre a discutere di cose che… ma lasciamo perdere.

Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 2 Marzo 2016


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