ASPETTA E SPHERA

A Trieste la più importante compagnia di fornitura di servizi primari sta lavorando malissimo. Bollette di fornitura acqua con importi strabilianti, quelle per la fornitura dell’energia elettrica, idem. Errori, mancate letture effettive e/o mancato invio di fatture – per anni -, con conseguenti conguagli pesantissimi. Potrei continuare a lungo, ma vi assicuro che si tratta di un insieme di infrazioni gravissime e assurde, a danno dell’utenza, sicuramente sanzionabili in sede civile e dall’autorità Garante dell’Energia. Un andazzo che continua da tempo, senza che nessuno protesti più di tanto, e quelli che anche vorrebbero farlo si trovano davanti ad un muro di gomma.

La società per l’energia elettrica si chiama AcegasApsAmga Spa, una controllata al 100% del Gruppo Hera, che a sua volta controlla il 100% del distributore Acegas-Aps Service S.r.l. Già, perché in virtù della delibera 296/2015/R/COM del Garante per l’Energia, al fine di promuovere “trasparenza e concorrenza”, i distributori e i venditori (mercato elettrico o gas) non possono più utilizzare lo stesso marchio. Proprio così: mica i soggetti devono essere diversi e separati, no, basta usino un altro nome e logo e possono continuare a farsi gli affari propri, in perfetto regime di monopolio. Certo, dal mercato di maggior tutela si può sempre passare a quello libero, magari scegliendo come fornitore Estenergy, invece di Acegas. Peccato che anche quest’ultima faccia parte del Gruppo Hera. Se non è zuppa è pan bagnato. “Trasparenza e concorrenza” solo a parole: una vera presa per i fondelli.

Il problema – già di per sé grave – non si esaurisce di certo qui, perché il Gruppo Hera è un colosso dell’energia i cui maggiori azionisti sono alcuni comuni (Bologna, Modena, Imola, Trieste, ecc.), in maggior parte – credo escluso Padova – a guida Pd. Che fare per difendersi? Ovviamente rivolgersi ad una associazione dei consumatori. La Federconsumatori di Trieste, per esempio. Se avrete la sfortuna di incappare in un disservizio e di dover rivolgervi a loro, troverete cortesia e tanta umana comprensione, ma vi sentirete rispondere di “lasciar perdere”, perché “fare una causa è rischioso. Non ci sono i termini. Se vuole la facciamo, ma se la sente di arrivare fino alla Cassazione?”. E sentirsi smontare così da una associazione che dovrebbe difendere il consumatore, suona strano. Anche perché gli sfracelli combinati da Acegas sono in numero tale e di tale gravità, da giustificare tranquillamente una causa collettiva. Come mai, allora, questi paladini dei deboli, invece di fare il proprio lavoro fanno i pompieri? Semplice: basta fare un giretto su internet per scoprire che il responsabile locale di questa associazione è tal sig. Angelo Michele D’Adamo, consigliere comunale di Trieste in quota Pd. Proprio quel Pd, sindaco Roberto Cosolini in testa, che ha tanto voluto la cessione della vecchia municipalizzata ad Hera, assumendosi la responsabilità politica e pratica della disastrosa situazione in essere.

Che rimane da fare, allora? Rivolgersi ad un’altra associazione o al proprio legale di fiducia. Ci sarebbe, a dir il vero, ancora una via da percorrere: sollevare un caso mediatico. Scrivere al proprio quotidiano locale per dare risonanza alla vicenda e, magari, creare un coagulo di utenti bastonati per far partire una class action. Il quotidiano stesso, se volesse, potrebbe farsi promotore di una inchiesta, invece di limitarsi a dare qualche notizia in modo discontinuo, impedendo – di fatto – di informare la cittadinanza sulla reale ciclopica dimensione del problema, dando così l’impressione si tratti di pochi sporadici casi di fortuito disservizio. Ma non si può pretendere tanto: il nostro quotidiano locale si chiama Il Piccolo – per gli amici “Il Bugiardello” – ed è uno dei molti quotidiani locali che dipende dal Gruppo Editoriale l’Espresso, presidente Carlo De Benedetti, tessera n°1 del Pd, si è detto. Si può provare a scrivere lo stesso – la stampa è libera e indipendente, no? – salvo poi evitare di lamentarsi se quanto inviato viene cestinato o, peggio, come ho avuto modo di constatare, “tagliato” alla bisogna. E nel secondo caso uno si sente pure scemo due volte, visto che il proprio pensiero viene usato, nero su bianco, per affermare l’esatto contrario di quanto s’intendeva, con tanto di firma sotto. La propria.

Come vedete non c’è scampo. Questa situazione – che mi piacerebbe definire paradossale, se non fosse tristemente vera – non è di certo confinata ad una sola decadente città delle Vecchie Provincie, ma rispecchia quanto accade in tutto lo Stivale e in ogni settore. Tanto hanno fatto all’epoca dei girotondi, dei “se non ora quando”, delle indignazioni incontenibili per classifiche della libertà di stampa date ad cazzum, per la “concentrazione del potere nelle mani di una sola persona”, ecc., che finalmente hanno risolto tutto, conflitto d’interessi compreso. Non c’è conflitto: scomparso, annichilito, dissolto. Ormai non se ne parla nemmeno più. Giustamente: non può esserci alcun conflitto se ogni singolo aspetto del potere è in mano ad una sola parte politica, a solo pochi oligarchi. Si chiama dittatura, la peggiore e pure la più costosa, quella travestita da democrazia.

Paolo Visnoviz
Zona di frontiera, 7 Ottobre 2015


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