EUR A LUCI ROSSE

Presto all’Eur, quartiere di Roma, potrebbero essere istituite delle strade dedicate alla prostituzione. Non regolamentata, ma tollerata. Una specie di zona franca. Nel merito non posso dichiararmi contrario, anzi, non vedo perché non riaprire direttamente le case chiuse. So bene queste non sradicherebbero le donne da marciapiede, ma potrebbero limitare il fenomeno, portando una regolamentazione e garantendo una maggior tutela a chi eserciti il cosiddetto mestiere più antico del mondo. Proprio per questa proverbiale vetustà, nessuna legge potrà mai farlo scomparire. Non vedo nemmeno perché bisogni impegnarsi in tal senso, dato che ognuno è – o dovrebbe essere – libero di fare del proprio corpo l’uso che più gli aggrada.

Ci sarebbero parecchie altre considerazioni da fare al riguardo, molti i casi e le implicazioni da valutare, ma non è su questo che voglio soffermarmi. Nemmeno voglio preoccuparmi più di tanto della terrifica ipotesi di poter, anche per una sola volta e per puro caso, trovarmi d’accordo con il sindaco di Roma Ignazio Marino. So bene che le cose ritorneranno normali alla sua prossima dichiarazione o delibera.

Quello che lascia basiti è che una norma ancora c’è, e per quanto inadeguata o sbagliata, di fatto è tutt’ora in essere e non riguarda solo l’induzione o lo sfruttamento della prostituzione, ma anche il favoreggiamento. Un sindaco che ignori questo e che decida di istituire una zona a luci rosse, a rigor di logica, si pone automaticamente fuori legge. In fondo però non è mica un caso strano e tanto inedito.

Il nostro è un Paese dalle mille contraddizioni, in tal senso. Incapace di decidere su qualsiasi cosa. Per l’eutanasia di Eluana Englaro (2009) è dovuto intervenire un giudice. Quel fatto oltre a scatenare una sterile isteria collettiva e un’epica battaglia tra Guelfi e Ghibellini, non è comunque servito a darci una normativa adeguata. Spentasi la Englaro, invece di affrontare con serenità il problema e trovare una saggia soluzione, abbiamo semplicemente rimosso. Alcuni disegni di legge giacciono – ignoti e dimenticati – in Parlamento, frutto di iniziative isolate e di parte, non di certo sintesi di un confronto. Così molti medici continuano, in silenzio, ad assumersi sulle proprie spalle pietose decisioni, supplendo alla politica, in attesa che a questa si sostituisca nuovamente un giudice nel prossimo caso mediatico.

Da decenni non abbiamo leggi che abbiano lasciato il segno, che abbiano fatto chiarezza, che siano divenute un punto fermo per la società. Al contrario hanno solo complicato la vita ai cittadini, introducendo norme, cancellazioni delle stesse, modifiche per arrivare a risultati che si prestano a mille interpretazioni. A mia memoria è sempre stato così. Ricordo la “tassa sulla salute” (250mila lire, Governo Amato 1992, credo) dove alcuni si precipitarono a pagare la prima rata. Poco dopo venne dichiarata illegittima, e quindi chi aveva già pagato avrebbe dovuto ottenere un rimborso, ma per motivi tecnici il governo disse che non sarebbe stato possibile. Finì con il classico “chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto”. Ovviamente la tassa uscita dalla finestra, rientrò dalla porta planando sull’Irap, così qualcuno la pagò pure due volte.

Ci sono dei casi ciclopici, per dimensione, pur non mancando di risvolti comici e paradossali. Si pensi al cosiddetto “porcellum”, legge elettorale introdotta nel 2005 e dichiarata illegittima nel 2013. Otto anni! Otto anni per accorgersi che una legge fondamentale per il funzionamento democratico di un Paese era sbagliata. L’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e alla Corte costituzionale dormivano? Il risultato potrebbe finire direttamente in qualche pessima sceneggiatura di un film comico di “serie b”, con una Consulta che delegittima un Parlamento il quale elegge a presidente della Repubblica proprio un membro di quell’organo che lo ha da poco sfiduciato. Delirio totale.

Quindi nessun stupore se in qualche Comune si rischia di prendere una multa salata per aver avvicinato una prostituta, e all’Eur invece si fa festa. È normale, ognuno in Italia fa come meglio crede, prende iniziative che il giorno dopo saranno cassate da qualcun altro. In questo Paese ci si agita molto, moltissimo, come degli ossessi, ma per rimanere sempre perfettamente immobili.

Paolo Visnoviz
Zona di frontiera, 8 Febbraio 2015


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