FRANCIA IL GIORNO DOPO

Nessuno sembra accorgersene, ma c’è un fantasma che si aggira in Europa trattato alla stregua di quello di Canterville, ed è quello della politica. Abbiamo visto i cittadini, in questi due giorni terrificanti, il dolore, la determinazione, la bellezza di una risposta composta, ferma, unanime, una specie di armonia. È solo finita una battaglia di questa interminabile guerra, ci sono morti ancora a terra e nessuno dice i loro nomi perché si possa piangerli insieme ai famosi e dire che “siamo anche loro”, soprattutto loro.

Si dimentica che c’è una fuggitiva con il burqa, armata fino ai denti, e che i killer prima di morire hanno chiamato altri, perché continuassero l’opera. Ma colui che indegnamente rappresenta oggi la République, sembra piuttosto occupato a che la fiera della vanità, oggi andata in scena, non abbia intrusi a dire che il re è nudo. Lui e il suo colpevole apparato hanno escluso il primo partito di Francia, delegittimando in tal modo la maggioranza relativa dei cittadini. Un vero e proprio furto d’identità, questo appello all’unità nazionale “bidon” di una marcia che calpesta in un sol colpo liberté, égalité e fraternité. Hollande non ha nemmeno l’allure di un Re come il nostro Giorgio, che sbaglia come un monarca assoluto, certo e fiero del suo credo. Hollande è un fifone col casco e basta. L’appello ai notabili occidentali, correi di non poche scelte contro questo popolo ferito, suona come una beffa alle vittime. Certo, il presidente piccolo piccolo ha bisogno di rinforzi per intonare le solite loffie litanie: la minaccia non è l’Islam, è piuttosto Marine Le pen. Sono certa che Charb si starà rammaricando in Paradiso di non poter fare una vignetta con i fiocchi su questo patetico assembramento. Monsieur Gayet lo ha rubato, il “je suis Charlie”, per appifferargli un’etichetta “aux normes”, come fosse una banana. Aggrappato alla cancelliera, che marciava al passo dell’oca si è fatto la sua passeggiatina recuperando un mozzicone di grandeur dalle tabacchiere degli altri. Dietro poi c’era la Francia, quella vera, uno spettacolo pirotecnico di anime generose e appassionate e senza paura.

Quanto sarà costata ai contribuenti francesi la sicurezza di tutti i notabili invitati? Non sarebbe stato assai più logico e utile sentirli via skype, tanto per chiedere: “adesso che si fa?”

Il punto è questo. Servo del conforme come tutti gli altri, non si pone affatto il problema del “che si fa”. Senza mettere in discussione questo fottuto buonismo non c’è ricetta. “Sottomissione” è l’ordine di scuderia delle oligarchie mortifere, camomilla iperzuccherata con pasticcini Ue. Stesso copione, dappertutto. Avrete pure visto Vespa, ma in quale santuario l’aveva trovato quel plurimiracolato extracomunitario che sembrava Santa Teresa da Calcutta con i capelli ricci? Se le inventano proprio tutte per dimostrare che siamo noi malpensanti e gli islamisti angelici. Se non ci fosse stato il barbuto Ferrara a svegliarci ogni tanto, saremmo tutti caduti in catalessi mistica. Ottima situazione per affrontare una guerra. Cosa diavolo uccidono a fare, non si sono accorti che hanno già vinto? Dalle mie poche nozioni di storia, non risulta ci sia mai stata una civilizzazione estinta per sonno.

I cittadini hanno risposto. Non si sono fatti rubare la scena, non sembravao per nulla interessati alla testa del corteo. Hanno immaginazione fantastica, non hanno potere e chiedono risposte con la loro incredibile civica militanza. Cosa avverrà domani? Rispediti i mammasantissima ai loro rispettivi domicili, la gente è ancora per strada, come in attesa di una risposta vera, politica. Temo che non arriverà.

La République è la République e quel coso col casco, come è come non è, la rappresenta. Ma troveranno il modo – tempo al tempo -, di spiegare al colto pubblico che, “oui, nous sommes Charlie”, ma nous ne sommes pas Hollande.

Angela Piscitelli
Zona di frontiera, 11 Gennaio 2015


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