L’EUROPA ASTRATTA

Note per un manifesto contro l’Europa unita. Due osservazioni previe:

1) Trovate fra conoscenti un solo Europeo a cui piaccia l’idea di un’Europa unita.

2) Si parla d’Europa, generalmente con biasimo, esclusivamente per questioni commerciali. (Che l’Europa, notoriamente, non sa risolvere, né potrebbe: infatti non viene neppure chiamata in causa). Inutilità pura su tutta la linea.

L’Europa unita, pertanto, ʺnon s’ha da fareʺ. Continente virtuale, astratto, non sentito, tenuto artificialmente in vita contro le naturali tendenze e speranze delle nazioni componenti, ha provocato solo disfunzioni, un senso di stanchezza generale, ed anche un esiziale contagio: assuefazione alle chiacchiere vuote e non pertinenti, alle retoriche celebrative; con aggravamento del burocratismo, etc. etc. Conseguenza: l’immobilismo non sono fattuale, ma anche psicologico.

Vettore di contagioso malessere politico, l’Europa dunque aggrava il malcostume che si pensava avrebbe eliminato. Ha scatenato una sorta di legge di Gresham sociologica: la sperata somma delle virtù è stata sostituita dalla somma dei vizi. Ad es. il vizio italiano di ignorare la meritocrazia si va diffondendo negli organismi del Sovrastato europeo, che spesso risulta completato con gli ʺavanziʺ (absit iniuria verbis) dei deteriorati sinedrî nazionali. Indubbiamente vi sono nelle strutture europee molte persone di valore, che però sono come paralizzate dalla inerte volgarità dell’insieme.

Volgarità: è la parola giusta. Assenza di ideali, proliferazione d’un ʺmercatoʺ d’economie declinanti. In area tedesca si bada al sodo; ovunque altrove norme cervellotiche e scoordinate imposte da funzionari spinti da carrierismo, se non da idiozia. ʺCurvatura delle bananeʺ, imposizione maniacale di ʺrotatorieʺ stradali, pale eoliche ʺdi risultaʺ…, provvedimenti dissennati ma non disinteressati, spreco di milioni di euro.

Burocrazie superfetatorie e sedi lussuose: una visibile inutilità d’insieme che fa cadere le braccia, spegne la passione del fare e ogni iniziativa. Le tradizioni nazionali erano sovente suscitatrici di utili finalità; oggi il preconcetto europeismo lascia prevalere l’atomismo dei meschini interessi personali. Ciò che è ʺdi interesse europeoʺ è visibilmente ciò che non interessa nessuno.

C’è anche una tendenza alla truffa: proporre agli Ucraini di entrare nel sovrastato europeo significa solo tentar di consolidare l’esistente: gli Ucraini, illusi dallo stesso inganno che illuse noi, credono nel miraggio che ci ha fiaccati. La Merkel pretendeva che una somma d’agonizzanti producesse un organismo vitale? Sembra che finalmente cominci a dubitare: truffare pezzenti è uno strano sport. Comunque, il tempo non lavora a favore di questa Europa: ed è questa l’unica nostra consolazione, la consolazione del peggio usa fra derelitti.

Nota: per partecipare a questo colossale buon affare a perdere, noi Italiani paghiamo annualmente fior di euro. L’intelligenza è una bella cosa.

D’altra parte, la ʺculturaʺ non ha tratto vantaggio da tali premesse. Per una legge poco nota ma sperimentata, la conoscenza tra i popoli (se tenuta ai piani bassi, tra folklore e imbecillità assortite) peggiora la comprensione tra i medesimi. Per essa si nutre la medesima illusione che si nutre per lo sport: che affratella sí…, ma a colpi di manganellate e fumogeni. La conoscenza tra i popoli è come la frittata: ch’è buona solo se sono buoni gli ingredienti. Oggi si comincia a dare la colpa della generale scaratterizzazione al ʺmulticulturalismoʺ che è stato favorito proprio dagli stessi che fino a poc’anzi ʺeuropeizzavanoʺ. E poi, per comprendere cose, persone e moltitudini, occorre una predisposizione positiva, la si chiami intuizione, ʺintenzionalitàʺ o, secondo l’espressione di letterati e poeti, il saper sognare (Albert Camus). Invece l’esteriore informazione spicciola, che funziona per cosí dire solo al pianterreno, e solitamente tra mezze calzette, produce tutto meno che intuizioni importanti, e ha distrutto la solidarietà tra Europei che, fino a ieri, talora ancora sussisteva.

Per questi, e molti altri motivi, l’idea ʺEuropaʺ non è amata dagli Europei. Disamore che a sua volta è concausa della disastrosa simpatia che tra giovani sta suscitando ʺil Califfatoʺ. Noi Italiani, su mandato di questa Europa scerebrata, e con compiacimento della Boldrini, ripeschiamo dal mare nostrum (!?) migliaia di individui, tra cui non è escluso siano islamisti e tagliagole, e costruiamo moschee dove si predica la nostra distruzione. Questa si chiama lungimiranza.

Insomma quest’Europa non ha funzionato né sul piano che precede ogni altro, quello della cultura, né sul piano economico; e ora sta causando disastri nelle coscienze: come l’inarrestabile calo del sentimento religioso. È ancora da indagare il legame, che pur esiste, tra senso del sacro e senso di appartenenza ad una tradizione ed a una comunità amate. L’Europa non suscita nulla del genere, e questa grave carenza mette i disarmati Europei alle prese con l’Isis, prodotto di un senso del sacro intatto anche se sanguinario. In Europa persino i simboli della nostra religione e delle nostre patrie sono ormai vituperati. Il Cristo nell’urina. Ci siamo ridotti a constatare, magari ridacchiando, il nostro lento suicidio. Imbecillità autodistruttiva vissuta come un intelligente impegno.

Il vuoto di valori e di sentimenti positivi – patria, fede, solidarietà etc., valori del resto immediatamente riconoscibili a contrario dal fatto che di essi si ride! – viene riempito da cure volgari: ma trascurare i valori è cosa che sempre prima o poi si paga. Ed è questa una lezione che puntualmente la storia dà, anche se poi altrettanto puntualmente la dimentica. E intanto l’Europa dorme.

Alla lunga, le collettività offese danno segni d’insofferenza. Nascono e pullulano fedi sostitutive, magari superstizioni. O, beninteso, anche vicarianti ispirazioni positive. Speranze di recupero: come la diffusa simpatia per quell’uomo ʺserioʺ, concreto, ben diverso dai tragicomici clowns delle nostre Caste, che è Putin. Se si indicesse il referendum: Europa, o Putin?, moltissimi, tra cui senz’altro il sottoscritto, risponderebbero additando la seconda soluzione.

C’è infine il problema dei rapporti diretti tra le nazioni europee: essi fanno pensare, più che a ponderati rapporti politici, a umorali rapporti personali. E l’Italia, che ha una tradizione di subalternità e scarsa fierezza, soffre del suddetto problema più di altri. La parola maró riassume efficacemente la faccenda!

A chi chiede: ma allora dove puntare speranze e sforzi?, risponderei: verso l’Europa sì, ma una Europa delle persone serie e delle idee serie per fare cose serie. Nei tempi passati, anche fra guerre e tragedie, ogni qual volta affiorarono guide serie affiorava negli animi più Europa di quanta ce ne sia adesso. Un etto d’intelligenza valeva più d’una tonnellata di fessaggine.

Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 19 Settembre 2014


Un commento a “L’EUROPA ASTRATTA”

  1. franco brezzi says:

    Come sempre una dotta ed esauriente analisi. Aggiungerei solo che l’omino di burro, cocchiere del carro per il Paese dei Balocchi, si chiamava Romano. Romano Prodi.


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