C’È UNA SOLA FRANCIA

Non siamo un paese qualunque: siamo la Francia.” (François Hollande)

“Ringrazio tutti i francesi che mi hanno dato l’onore di essere Presidente della Repubblica: nella vita di un uomo è un onore immenso. Ho fatto del mio meglio per proteggere i Francesi. Esprimo tutto il mio amore per la Francia ed esco con un più grande attaccamento al mio paese. Ho fatto del mio meglio. Non sono riuscito nel mio intento. Non sono riuscito a convincere la maggioranza dei francesi. Mi avete aiutato e sostenuto. Prendo tutta la responsabilità della sconfitta. Mi sono battuto: sono stato il capo e quando si perde, è il numero uno il responsabile. Non ho mai raccontato bugie. Vi parlo da profondo del cuore. Quando si difendono certi valori, bisogna vivere all’insegna di questi valori. Vorrei esprimere la testimonianza di amore per la Francia: resterò uno di voi. Condivido i vostri ideali e le vostre idee. Il mio impegno sarà diverso. Tuttavia con le le gioie e i dolori, resto un francese tra i Francesi e provo un grande amore per la Francia. Non potrò mai restituirvi ciò che voi mi avete dato. Mi avete fatto un regalo bellissimo. Avete trasmesso un’immagine bellissima della Francia, gioiosa, aperta che sa che la vita è fatta di vittorie e di sconfitte. Siamo patrioti. Vi voglio bene.”

Questo il discorso di Nicolas Sarkozy, stasera. Vale la pena leggerlo, anche perché il bestiario mediatico italiano sta affibbiando alle elezioni francesi tutte le elucubrazioni da strapaese e parrocchiella, alla maniera della nostra rissosa, ignorante ed irresponsabile partitocrazia. Si perde e si vince con una dichiarazione d’amore per la Francia sulle labbra, come un tempo usava anche da noi, quando c’erano ancora i patrioti. Il perdente lascia l’abito al suo successore e torna tra gli altri. I partiti tornano alle loro sedi, a lavorare silenziosamente: la sola bandiera che vedrete è quella bianca rossa e blu. C’è qualcosa di sacro in questa investitura perché sacra è la Patria, e sacro è il verdetto del popolo sovrano.

Si può essere super partes solo e soltanto se si guarda, come una stella cometa, irraggiungibile e fulgida la sola “Pars” che si ama visceralmente: la propria nazione. Ed è per questo che non ci sono perdenti inferociti, non ci sono indignados, non ci sono toghe rosse, né palleggio idiota di responsabilità recitate grottescamente da irresponsabili. C’è una festa, che è la festa della democrazia. Il Presidente, qualunque presidente, è “La Francia”. François Hollande stasera è  per tutti, la speranza e la costruzione. Una Nazione vecchia, torna per incanto giovane quando comincia una nuova avventura, con un nuovo condottiero. Luigi XVI, sul patibolo, consegnando la testa al boia, scandì con fierezza, la sua ultima, struggente dichiarazione d’amore: “Je désire que mon sang cimente le bonheur de la France” (desidero che il mio sangue cementi la felicità dei francesi).

La Francia laica sacralizza sé stessa attraverso l’amore della propria gens, alla quale ci si può affiliare soltanto se la si ama. Certo, ci sono i problemi, le banlieux, le chômage, il potere d’acquisto che diminuisce. Ma si percepisce, in ogni angolo, in campagna ed in città, che “ensemble, tout devient possible”.

E noi, emigranti privilegiati, con gli occhi fissi su tutti quei festanti drapeaux, sulla Bastiglia in festa, mentre il neo presidente sta dicendo: “C’è una sola Francia. Sarà una Francia riunita per un futuro migliore. Nessun figlio della Repubblica sarà ostracizzato, discriminato. Rivolgo un saluto repubblicano a Sarkozy che merita tutto il nostro rispetto”, abbiamo un groppo in gola: non perché siamo esuli, lontani dalla nostra Patria. Ma perché noi una Patria, non ce l’abbiamo. E la colpa non può essere di qualcun altro. E’ nostra.


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