VOGLIO UN RE

La monarchia ci unisce, la repubblica ci divide. (Francesco Crispi)

Uomini siate, e non pecore matte. (Dante Alighieri)

Dunque: il palazzo ferve di manovre ed inciucioni strombazzati dalla stampa di regime. (Curioso: ho sempre sorriso a questa definizione di Marco Pannella e mi trovo ora ad usarla con disinvoltura). I tre dell’apocalisse, la chiostra, l’accigliato ed il venditore di pedalò si sono arrangiati in modo da non perdere nemmeno un centesimo del finanziamento pubblico. E c’è da domandarsi se l’unico modo per spegnere i tre ghigni non sia quello di non votare più, visto che tutte le volte che ci scomodiamo per dare una delega, loro si intascano un euro e con la nostra scheda ci si puliscono il naso.

Ricapitolando (o sarebbe meglio dire ricapitombolando) lo spread vola con il low cost, il debito pubblico anche, le gente si ammazza in percentuale trascurabile secondo Montimarenco, il frigo vuoto, la tasca vuota, le scatole piene, le gabelle alle stelle, il terrore corre sul filo perché il fisco spia il cicaleccio delle massaie, i tecnocrati ballano sulle pance vuote dei cittadini e i partiti si coltivano i loro privilegi, tra proporzionale e patrimoniali. Sono vere e proprie tecniche di eliminazione di massa. Se il telefono diventa pericoloso per le casalinghe, per far fuori con sobrietà i vegliardi muniti di pensione l’Inps impone loro di diventare illico vecchietti 2.0. Dopo averli terrorizzati con incomprensibili lettere minatorie li invitano ad inviare la denunzia delle loro modeste entrate via Internet. I tapini, che naturalmente non hanno mai visto la faccia di un computer, dovrebbero connettersi per avere mezzo pin (si mezzo, non un intero!) ed aspettare che arrivi per posta un altro mezzo per poter fare il loro dovere. Se provano a telefonare ai numeri verdi, non trovano che voci meccaniche con opzioni sconclusionate o la solita musichetta. Il contribuente, qualsiasi contribuente, per lo stato è un colpevole da torturare. Ma che importa? Bisogna stare allegri!, ora vi giungerà sulla testa il partito della nazione (quale?) Con l’accigliato “io c’entro” regista, attore, sceneggiatore. Naturalmente gli spremuti sanno bene che non è una novità. Questa zuppa disgustante circola da qualche annetto ed è con la prospettiva di cucinarla (e cucinarci a dovere) che tanti eletti hanno lavorato per far fuori il Cav. Nessuno li vuole? e chi se ne importa!, con un’apposita legge elettorale si farà in modo di sistemarli ai posti di comando. Poi ci sono i sondaggi che dicono che i vessati lo saluterebbero con un’ovazione. Uno dei miei cani  cerca con difficoltà di parlare, perché ha un ideario vasto: prima riusciva a dire solo “mamma”. Ma ieri ha pronunciato distintamente: “ogni sondaggio è farlocco”. Lo sa dire anche in francese dopo aver sentito quelli di Sarkozy.

In pochi mesi la chimera della democrazia si è dissolta sull’orizzonte. Il tempo delle bandiere, dei comizi, delle emozioni sembra lontanissimo. Siamo invecchiati di colpo, non abbiamo prospettive. Il potere allo stato puro si è posizionato per durare e per vincere qualunque resistenza. Ed è qui che l’Italia si dimostra debole: i cittadini non si organizzano per difendersi, tutti insieme. Sarebbe ora che capissero che siamo stati ad arte messi gli uni contro gli altri: nordisti-sudisti, sinistra-destra, scapoli-ammogliati, giovani vecchi solo per impedire qualsivoglia reazione collettiva. Disarmati e divisi forse non sappiamo più neanche ciò che vogliamo e magari molti di noi, dopo essersi rotto il cervello a calcolare da sé il quantum dell’esproprio della casa, magari voterà pure mesto un accigliato o una chiostra. Hanno svenduto la nostra sovranità popolare, cambiando zitti zitti la Costituzione, per inserire il pareggio di bilancio. Del resto, la nostra, la avevano già svalutata espropriandoci del voto.

E’ questa la democrazia? Questa? Forse dovremmo cominciare a chiedere a gran voce il riconteggio delle schede di quel lontano 1946. Aveva ragione mio nonno. Riprendiamoci i nostri Re: che siano Borboni, o Savoia, non importa, ma a ciascuno il suo. Che sia monarchia.

Angela Piscitelli
Zona di frontiera, 20 Aprile 2012


Un commento a “VOGLIO UN RE”

  1. Carlo Migani says:

    Ma, cara signora Piscitelli, ha una minima idea di ciò che scrive? Lo sa chi erano i Savoia? E i Borboni? Premesso che di “Borboni” l’unica che mi piaceva un pò come recitava era la Paola, e sottolineato che sono un partigiano irriducibile di Garibaldi e Anita… ma li ha letti i libri sui Savoia? No? Le suggerisco Denis Mack Smith, “I Savoia re d’Italia”, 1990 RCS Rizzoli Libri S.p.A. Ci troverà il giudizio di un grande storico inglese (evitiamo accuse di partigianeria nazionale) e le assicuro che il suo giudizio su tutti i Savoia è piuttosto impietoso, per non dire pessimo. (semi-analfabeti, ignoranti, puttanieri, traditori, privi di ogni senso del governo e dello stato etc etc,). Del resto, se non fosse stato per il Re Sciaboletta (Vittorino Emanuele III) i 30.000 marciatori su Roma sarebbero stati dispersi dall’esercito in un pomeriggio, ed il loro capo Benito Capoccione sarebbe andato in galera o in esilio in Svizzera, invece che al governo! Quindi, per favore, dia retta alla verità storica invece che a suo nonno, la prossima volta. Con deferenza. Carlo Migani


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