MONTI: COLPA DELLA MARCEGAGLIA

Agli inizi di marzo, Mario Monti, con tanto di disegnino spiegava agli Italiani che lo spread non sarebbe più risalito, ma era destinato a scendere costantemente, seppur gradualmente. Anche dell’Europa considerava l’atteggiamento «abbastanza costruttivo, credo che ci troveremo tutti in una posizione migliore per affrontare qualsiasi effetto di contagio o qualsiasi fiammata di ritorno della crisi». Invece ieri lo spread è risalito oltre i 400 punti, per attestarsi oggi intorno a 390, e la borsa faceva un catastrofico tonfo a -5%, dimostrandosi peggior piazza europea.

Nella versione ufficiale del Governo, nessun allarmismo: le cause sarebbero esogene, «non ci sono ragioni specifiche italiane, stiamo pagando di rimbalzo la crisi spagnola. E siamo anche dentro una crisi più grande». In privato, invece, Monti sembra si sia arrabbiato molto con l’ex leader di Confindustria, «fino a pochi giorni fa tutto era a posto, poi Marcegaglia ha cambiato atteggiamento. Ha criticato la riforma del lavoro sul Wall Street Journal, sul Financial Times, sul Corriere». Ma come?, le critiche della Marcegaglia avrebbero contribuito ad aumentare lo spread?, sarebbero state un danno per il Paese? Ma allora, se il professore pensa questo delle legittime dichiarazioni dell’ex leader di Confindustria, come dobbiamo leggere, oggi, i suoi corrosivi editoriali sul Corriere della Sera nei confronti di Berlusconi, allora in carica? Secondo Monti stesso un danno per il Paese, evidentemente.

Sui maggiori quotidiani italiani – anche sul Sole24Ore, testata di riferimento degli industriali – l’incidentalità dell’impennata degli spread – causa Spagna – trova ampio spazio senza eccessivi contraddittori.

Quando Berlusconi e Tremonti affermavano che l’Italia stava meglio di altri Paesi perché le banche italiane non possedevano titoli-spazzatura e che, una volta passata la congiuntura negativa internazionale ne saremmo usciti meglio di altri, venivano massacrati dalla stampa mainstream, accusati di negare incoscientemente la crisi. Per Enrico Letta le dimissioni di Berlusconi – da sole – valevano 100 punti di spread, per Buttiglione ben 300.

Quanto sta accadendo in questi giorni dimostra che Letta, Buttiglione e molti altri mentivano oppure erano semplicemente incompetenti, incapaci di leggere la realtà politica ed economica del Paese. E per dei leader politici navigati non è un complimento. In realtà quello che da allora è cambiato e solo l’atteggiamento dell’informazione nazionale, che evita di sputazzare addosso a tutto il Paese pur di far cadere il presidente del Consiglio. Atteggiamento che dovrebbe essere la norma, qualsiasi premier governi questo Paese, Berlusconi incluso.

Certamente si apprezzano i viaggi promozionali all’estero di Mario Monti, ma evidentemente non hanno sortito l’effetto sperato. Forse ai mercati e agli investitori non basta ripetere ossessivamente che la crisi è superata per far credere loro nel nostro Paese, soprattutto quando le parole si scontrano con l’evidente realtà fatta di misure depressive e recessive che causano cali di produzione, disoccupazione, suicidi e il conseguente ulteriore impoverimento delle classi un tempo definite medie. E difficilmente di questo si può incolpare la Marcegaglia.

Paolo Visnoviz
Zona di frontiera, 11 Aprile 2012


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