«FINO A QUANDO ABUSERETE DELLA PAZIENZA DEL POPOLO?»

“La magistratura – mentre concorre a determinare il crollo del sistema politico – non può pretendere di assolvere se stessa…… I legami con un regime tanto profondamente segnato dall’illecito penale non è il solo profilo di una ‘questione morale’ che riguarda la magistratura… La storia dei collaudi delle opere successive al terremoto in Campania è la più imbarazzante e tutt’altro da archiviare.” – Vladimiro Zagrebelsky

Marco Tullio Cicerone, esordì, in una delle sue quattro orazioni contro Catilina – del quale era stata sventata una congiura tesa alla conquista del potere in modo illegale – apostrofandolo: “fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?” Parafrasando Cicerone, oso apostrofare gli ardenti giacobini del pubblico ministero: “fino a quando abuserete della pazienza del popolo italiano”?

Voi ingannate l’opinione pubblica dandole ad intendere che esercitate un potere in regola con la Costituzione ed in difesa della legalità, nonché che agite in ossequio al principio di obbligatorietà dell’azione penale, laddove, invece, il vostro potere è costituzionalmente illegittimo ed esercitate in modo discrezionale l’azione penale, a volte arbitrariamente, per altro mossi, a volte, da un fine di lotta politica.

Il Paese annega nella illegalità diffusa ma voi spendete tempo, energie e risorse a combattere gli avversari dei comunisti (ieri Bettino Craxi, oggi Silvio Berlusconi). Per carità: la legalità va combattuta ovunque si annidi (anche tra di voi), ma, appunto, ovunque e non già in modo selettivo. Nel 1993 un vostro collega – Vladimiro Zagrebelsky, procuratore della Repubblica a Torino – ebbe il coraggio morale di scrivere: “La magistratura – mentre concorre a determinare il crollo del sistema politico – non può pretendere di assolvere se stessa…… I legami con un regime tanto profondamente segnato dall’illecito penale non è il solo profilo di una ‘questione morale’ che riguarda la magistratura… La storia dei collaudi delle opere successive al terremoto in Campania è la più imbarazzante e tutt’altro da archiviare.”

Il vostro autorevole collega denunciava che anche la magistratura aveva i suoi scheletri nell’armadio e non si trattava di “escort”, ma di compromissione, ben più grave, col potere politico. Un altro grande magistrato – il compianto Giovanni Falcone – al Congresso di Senigallia del 1991 sulla obbligatorietà penale, affermò (cito a memoria): perché nel nostro Paese si possa disporre di una amministrazione della giustizia realmente efficiente e democratica sarebbe necessario istituire controlli istituzionali sull’attività del PM, altrimenti saranno sempre più gravi i pericoli che influenze informali e collegamenti occulti con centri occulti di potere possano determinarne l’esercizio. In altri termini, denunciava i pericoli (reali, non ipotetici) di una deviazione della repressione penale, non coerente con i principi vigenti in regimi liberaldemocratici maturi.

Non negate: a) con la grande inchiesta dell’ultimo decennio del secolo scorso (nota come la rivoluzione giudiziaria, definita enfaticamente, da uno di voi, “legale e saggia”), avete distrutto, oltre alla legalità processuale, tutti i partiti democratici e risparmiato, però, il partito antisistema, cioè il partito comunista; il quale, per fini di bottega politica, è schierato in vostro favore; b) proseguendo la vostra battaglia per il mantenimento del vostro potere illegale, da diciassette anni state cercando di defenestrare dal potere chi è stato democraticamente eletto dal corpo elettorale, giungendo perfino a minacciare lo sciopero dalle udienze (inaudito e, perciò, inammissibile per un potere sovrano dello Stato) allo scopo di dissuadere dal doveroso compito di conformare l’ordinamento giudiziario alla Costituzione (art. 108 Cost. e VII delle disposizioni transitorie); c) vi opponete poi, in contrasto con l’art. 111 della Costituzione, alla vostra separazione dal giudice, impedendo così la realizzazione del giudice terzo, cioè estraneo alle ragioni delle parti e, quindi, alle ragioni dell’accusa; d) avete la pretesa di porvi al di sopra di qualsivoglia espressione istituzionale e persino al di sopra della volontà sovrana del popolo; d) fate abuso dello strumento delle intercettazioni telefoniche sia violando le norme costituzionali e quelle ordinarie (art. 267 codice di procedura penale art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo), sia estendendo tale mezzo d’indagine ad una cerchia sempre più larga della popolazione (il grande orecchio), sicché ci avete fatto diventare un popolo di spiati, zitti perché i pubblici ministeri ci ascoltano; e) fate un uso assai poco ortodosso del potere di coercizione personale (la custodia cautelare), che dovrebbe essere invece esercitato per casi eccezionali onde non vanificare il fondamentale principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza dell’imputato fino alla condanna definitiva; f) strumentalizzate la vostra funzione, tesa non a combattere anche la micro-criminalità, che angustia la vita della gente comune e che rende insicure le città nonché i piccoli e medi agglomerati cittadini e che vede le città deturpate da cumuli di rifiuti sulle strade, come, ad esempio, nella città di Napoli, ma ad inseguire il sogno – a maggior gloria vostra – di defenestrare con inchieste giudiziarie colui che il popolo ha designato a governare e che finora, in diciassette anni, non raggiunto da una condanna penale. Il che la dice lunga sulla persecuzione giudiziaria del premier, il quale per reagire ha, sua volta, fatto abuso del potere con leggi ad personam.

Dite che le mie sono soltanto farneticazioni o provocazioni? Avvalendomi del diritto di difesa, vi chiedo: parliamone senza pregiudizi, attenendoci ai vincolanti scripta. Io sono un cittadino che auspica un assetto giudiziario conforme (non uguale) a quello dei Paesi progrediti. Anni addietro una vostra illustre collega – Elena Paciotti – disse, con vanto, che il nostro assetto giudiziario (cioè l’ordine giudiziario fascista, però con le stimmate repubblicane) è d’avanguardia: sono passati alcuni decenni e si è dovuto constatare che questo assetto d’avanguardia (non seguito da alcun Paese) non funziona affatto bene, anzi ha marcato maggiormente l’anomalia della giustizia italiana.

E allora: è vero o non e vero che la garanzia prevista dal decreto Togliatti nel 1946 (semplice vigilanza e non più direzione ministeriale delle vostre funzioni) era decaduta col nuovo codice di procedura penale del 1988, che vi aveva, appunto, assegnato il ruolo di parte processuale e non più quello di quasi giudice?

E’ vero o non è vero che oggi la vostra tesi di essere “soggetti soltanto alla legge”, come il giudice, è soltanto una colossale menzogna? Luciano Violante, comunista doc ed ex toga, in un recente saggio dal titolo “Magistrati”, ha scritto – cito a memoria – che anche i componenti del pubblico ministero sono magistrati (cosa vera, ma non per la Costituzione, bensì per l’ordine giudiziario fascista); ha scritto, poi, nello stesso saggio – senza vergognarsene – che i Costituenti errarono nello stabilire che solo “I giudici sono soggetti soltanto alla legge” (art. 101), perché anche il pubblico ministero – scrive – è “soggetto soltanto alla legge”. In uno Stato di diritto tutti sono soggetti alla legge, ma l’art. 101 con l’avverbio “soltanto” ha inteso escludere la dipendenza del giudice da qualsiasi vincolo all’interno dell’ordine della magistratura, esclusione che, invece, non ha previsto per il pubblico ministero, avendone anzi rimesso al legislatore ordinario la determinazione delle garanzie (art. 107). Nel frattempo nessuna norma costituzionale o di legge ordinaria ha conferito a voi l’indipendenza, tanto è vero che Violante ha dovuto far ricorso alla menzogna per accreditare la tesi che voi pubblici ministeri siete, come il giudice, soggetti soltanto alla legge.

La Costituzione è restata lettera morta, sia per quanto riguarda la separazione ordinamentale tra magistratura e pubblico ministero, che per le vostre garanzie. Anche col vostro contributo (non sto a dire in che modo) si è mantenuto l’”ordine giudiziario” fascista, cioè l’unione coi giudici, e si è mantenuta la via italiana al pubblico ministero, vale a dire le vostre funzioni svincolate dalla direzione ministeriale. Così, essendo politicamente irresponsabili, perché semplici burocrati, potete “rivoltare l’Italia come un calzino, secondo la metafora usata del vostro collega – Piercamillo Davigo – facente parte del mitico pool meneghino che sovvertì il sistema politico, ma per la debolezza del potere politico e la connivenza dei comunisti.

Per non parlare delle enorme somme di denaro che l’Erario deve corrispondere a quei numerosi cittadini che hanno subito una ingiusta condanna (annullata in sede di revisione), ovvero una ingiusta detenzione è poi riconosciuti non colpevoli a seguito di giudizio. Potreste obiettare che la custodia cautelare è atto del giudice ed è vero: ma a chiederla siete voi, non potendo essere disposta di ufficio dal giudice, e senza dire del fenomeno dell’appiattimento del giudice sulle posizioni vostre, salvo rarissime eccezioni: perciò si può dire che la limitazione della libertà personale del coinvolto nell’accertamento penale risale a vostra responsabilità, che ne fate richiesta di applicazione. Non vi rimorde la coscienza il fallimento dell’esercizio, a volte temerario, dell’azione penale? E che dire del costo enorme delle intercettazioni telefoniche, in numero inaudito) che finisce quasi sempre a carico dell’Erario?.

Berlusconi, pur dopo l’affronto (è il capo del Governo italiano, piaccia o non piaccia) della vostra minaccia – di accompagnamento coatto avanti a voi – (quanto fa soffrire il cittadino una tale evenienza!), ha detto che non mollerà!, e fa bene per decoro nazionale.
Ma intanto ha mollato l’Italia, consegnandola, con il progetto di riforma della giustizia del marzo scorso, al pubblico ministero (autonomo e indipendente); che, se la riforma andasse in porto, sarebbe il padrone del Paese e l’arbitro del divenire della nostra democrazia.

Marsilio
Zona di frontiera, 18 Settembre 2011


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