COME SUPERAI MARX – di Leonardo Cammarano


 

Dottor Cammarano, come ha fatto, Lei che non capisce granché di economia, a “superare” le teorie economiche di Marx (il valore/lavoro, la composizione organica del capitale, la caduta tendenziale del saggio di profitto, etc.etc.)?
Ci sono riuscito? Non credo. Sono riuscito a disgustarmene, questo sί, osservando i caratteri economici della nostra “nuova” società, e compartando a questi quelle famose teorie.

Bravo. Vada avanti.
Ci vado. Cominciò disordinatamente, ovvero seguendo il mio carattere. Mia madre lavorò mostruosamente, tutti i giorni della sua vita, dalla mattina alla sera, per riuscire ad ottenere una sintesi pittorica soddisfacente. E infine ci riuscì. Ma nessuno ne sa nulla. Questo non è lavoro “socialmente utile”: dunque mia madre è stata per settant’anni una fannullona, così come lo furono per cinquan’anni Cézanne e per venticinque anni Van Gogh.

Sί, ma poi Cézanne e Van Gogh sono stati consciuti e come; il loro valore “sociale” ormai è accertato.
Valore sociale? Valore per pochi miliardarî in genere idioti. I lavoratori marxisti (“normali”, voglio dire), di Cézanne, di Van Gogh e di mia madre se ne fanno un baffo. E poi, ammesso che quel che Lei dice abbia senso, che senso ha dire che Cézanne è diventato un “lavoratore” solo dopo morto, e van Gogh pure? E quando diventerà una “lavoratrice” mia madre? Tutte queste sono con ogni evidenza balle, balle tipicamente marxiane, dico di tipo dottrinario, ovvero le più dure a morire.

Sί, diciamo di sί; ma…
Attenda; guardiamo ora le cose dall’altra parte. Tutte gli individui ch’io conosco, in questa nuova società, sono lavoratori perché NON lavorano. Negli uffici, si tratta di oziare cinque o sei ore al giorno, grattandosi di tanto in tanto; nelle amministrazioni, idem. Libere professioni? Alcune sί; altre no. I molti miei amici disc jockey, liberi professionisti per definizione, lavorano come segue: vanno al più vicino negozio di discografia e acquistano p.es. una Nona di Beethoven. A casa hanno già (questo non è lavoro) una Compilation di Vasco Rossi. Accendono una sigaretta (no, non voglio parlare del lavoro costituito dal consumo di droga), poi sbadigliano; si grattano anche loro; mettono su l’Allegro della Nona e mixano, rimixano, ammixano etc. con battute musicali di Vasco. Poi ripetono all’infinito il versaccio cacofonico ottenuto. Ne vien fuori la cosiddetta discomusic, mi pare, che vale un tesoro. E’ socialmente assai utile, la gente ci si scontra con le automobili ogni sabato, per sentirla e “sbattercisi con”. Questo è lavoro socialmente utile, e qui, concedo, Marx ha ragione.

Ma aspetti…
Mi lasci dire, ho quasi finito di fare… il mio “lavoro” (questo lavoro qui presente è più di concetto di quello descritto poco fa, ma sarà poi lavoro?) Facciamo ora un po’ di statistica. Prendiamo un campione di 100 (o centomila, farebbe lo stesso) persone, e analizziamole. Di queste, ne lavora (?), diciamo, un 50% in professioni socialmente utili come quella del disc jockey. Dei rimanenti, molti non lavorano più perché troppo vecchi. Pochi hanno occupazioni “dure” (medici, avvocati, tenutarî di case da gioco, motoscafisti etc.). Uno o due faranno cose inutili, come Cézanne o come mia madre. E’, questa nostra società, una società in cui il valore è dato dal lavoro? Non so. Io, quanto a me, darei la seguente descrizione: è una società nella quale si tratta di darla da bere, fingendo di lavorare. Se lavori sul serio, o diventerai “lavoratore” dopo morto, tipo Cézanne, oppure – se non se ne accorgerà nessuno, specialmente in TV – resterai un fannullone prima e dopo. Voglio dire, da vivo e da morto.
La mia conclusione è questa: Marx fece lui stesso l’errore di cui accusava a ogni pie’ sospinto gli altri. Ovvero credette che la sua “composizione organica” avrebbe avuto valore per sempre, o meglio, fino alla instaurazione del Regno della Libertà. Ma ai suoi tempi si lavorava duro davvero.
Tra l’altro, questo vagheggiato “Regno” da noi già esiste: si tratta di fingere di lavorare e tirare lo stipendio. Come disse un Francese ad uno stupito Inglese che gli chiedeva come mai in Francia si lavori tanto poco: “Ma senta, Lord, perché dovremmo lavorare, noi, se ci siete già voi Inglesi che lo fate cosi’ bene per tutti? Circoli, per favore, e non ci rompa le scatole!”

Mi sembra che Lei stia esagerando…, e comunque non si scaldi tanto, per favore.
Non mi scaldo affatto. E’ solo la foga della verità. Ma ora, assodato quanto sopra, provi a rivedere le proposizioni marxiane che abbiamo considerato all’inizio. Il valore dato dal lavoro socialmente utile? Ma dove, ma quando? Oggi il valore è dato dall’inutilità pura. Più inutilità sballi in TV; più ne “mixi” a suon di musica; più ne tatui sulla pelle del primo cretino che passa; più ne scrivi in libercoli di cattivo gusto e da quattro soldi, dove possibilmente ci si arrapi e si scopi ad ogni pagina, dove si celebri l’amore “omo” e si propagandino le tecniche della masturbazione, ed ecco che crei valore (sociale, ma ormai ripeterlo ancora diventa pleonastico): valore a palate, per gli altri e specialmente per te, questo s’intende da sé. E attento: guai a fare qualcosa di serio, di utile sul piano della cultura, del valore vero insomma! Vuoi proprio crepare senza lavorare, povero in canna? Concludo: la società affluente ha sgominato Marx e saluti a casa. Credeva che noi si lavorasse, lui!
Passiamo alla “composizione organica”. La durata degli armamentarî e amminicoli utili a produrre le cose “utili” di cui sopra diventa sempre più caduca (in genere si tratta di materiale elettronico). Ormai se ne cambia il tipo e la qualità quasi ogni settimana. Dura molto meno dell’aliquota di “capitale variabile” e, se continua cosi’, sarà il capitale “variabile” a diventare “fisso”. Avremo una “composizione organica” a rovescio?
Caduta tendenziale del tasso di profitto. Talvolta esiste, e come; ma oggi dipende dalla saturazione del mercato, ovvero dai “vizi” del medesimo. E’ diventata una questione di moda. Tutti sanno, se vogliono saperlo, che in questa “caduta tendenziale” Marx non c’entra più, neppure di poco. Nella società d’oggi, dove si tratta certo di sopravvivere, come accadeva una volta e come accadrà sempre, ma dove per sopravvivere bisogna anzitutto apparire, e dunque dove la moda ha acquistato un’importanza mostruosa (e vergognosa, certo, ha ragione Lei), il detto di Voltaire (le superflu c’est chose très nécessaire) è diventato tre volte vero.

Dottore, non so che dirLe. Mi sembra comunque che abbia le idee troppo poco chiare.
Lei dice? Lo credo anch’io, e comunque non oso contraddirla, sono per natura modesto. Ma Vilfredo Pareto, ad esempio, è ampiamente d’accordo.

Come osa citare Pareto, noto reazionario e fascista!?
Mi lasci guazzare nelle mie idee, La prego. Se verrà il giorno adatto, potrà sempre mandarmi nel Campo di Concentramento più vicino. E continui pure a leggere il Capitale (le raccomando il Libro III°); e, a proposito, anche Engels. Ma dopo legga anche Colletti.

Non faccia scherzi sinistri. Ma a proposito di Colletti, perché ce l’ha tanto con la dialettica di Marx?
Questo è un altro discorso, ma è ancora più facile del precedente. Lo faremo domani.

Ha dormito bene, dott. Cammarano?
Abbastanza, ma col sonnifero: ho le scatole rotte e quindi i nervi a pezzi. Ma veniamo a noi. Comincio ab ovo, e saro’ semplice perché non potrei essere complesso a causa di difetti di cultura.
Bene. Un giorno ad Hegel (cito quasi da una delle prefazioni alla Logica, quella di Roger Paul Droit: semplifica troppo, ma proprio per questo fa al caso nostro) venne in mente che la logica tradizionale, quella “dimostrativa”, non coglie il “movimento”. Costruita sui principi d’identità (A=A) e di (non)contraddizione (A non è non-A), questa logica vede la cosa che è, non vede quella che non è, e qui si ferma. Hegel scopri’ che le cose (forse tutte le cose) sono in movimento. Per dire: oggi sappiamo ad esempio che le specie “animali” sono solo stadî, lentissimi, di trasformazione. Anche l’uomo è una lenta “evoluzione”, probabilmente da un tipo di scimmia. Le cose dunque: prima sono -, poi cominciano a cambiare -, indi passano per un non-essere -, e infine sono di nuovo (un po’ mutate).
Dico: una data cosa è; ma poi cambia (non è) e infine diventa un se stesso modificato (è e non è insieme). Questi tre passi (tesi, antitesi, sintesi, li chiama Hegel) sono sufficienti a descrivere ed a comprendere il mutamento. Marx fu entusiasta di questa logica triadica, ma la adotto’ con una modifica: l’avanzamento tripartito va bene, ma l’elemento traente non è l’Idea (come pensava Hegel), è bensi’ la cosa concreta (tiritera: l’economia). Ma ora lasciamo stare quest’altra faccenda.
Engels, ancora più appassionatamente, pensò che questo ritmo triadico potesse essere affibbiato tal quale a tutte le cose dell’universo mondo. Ma qui interviene un Italiano assai sveglio, Lucio Colletti, che osserva: Marx ed Engels sbagliarono, perché “il sί” ed “il no”, la tesi e l’antitesi, possono giocare solo se appartengono ad una medesima classe (“coppia”) di cose. Come potremmo affermare, ad esempio, che una zuppa di cavoli puό modificarsi se pedala in bicicletta?
Ed ecco il punto: la dialettica è ottima per comprendere il mutamento, ma deve giocare tra un si’ ed un no omogenei (malattia/salute; bello/brutto; gioia/dolore; zuppa di cavoli cattiva/z.d.c.buona, etc.). Per il confronto tra cose non omogenee, allora, deve dunque esistere una dialettica ad andamento diverso, non triadica, ma “di implicazione” (Benedetto Croce, ma già Platone aveva pensato qualcosa di simile). Lasciamo stare che Colletti non crede a questo tipo di dialettica diadica, o d’implicazione, per il semplice fatto che non crede alla dialettica in toto e preferisce tornare alla logica dimostrativa classica, quella che fino a ieri vigeva nelle scienze esatte.
Si dirà: ma la scienza vince e stravince; dunque Colletti ha ragione: bando alle chiacchiere e leviamo di mezzo tutte le scemenze “dialettiche” e cazzate consimili, una volta per tutte!
Senonché… è accaduto intanto l’incredibile. Evoluzionismo e fisica delle particelle avevano già dimostrato che le “cose fisse” non esistono, e che davvero tutto è “movimento”… quando, ecco ci siamo accorti che l’Universo è retto da una legge magnifica/orribile: la legge dell’Entropia. Questa legge recita che il Mondo è come un gigantesco orologio a molla, che a forza di far tic-tac sta scaricandosi… Corpo di centomila buchi neri, un giorno si dovrà ricaricarla, questa benedetta molla! E fàllo tu, se ci riesci! Qualcuno o qualcosa dovrà girare la chiavetta, prima o poi! Speriamo molto, molto poi! Ma pare che la legge generale sia proprio questa, anche se ci sono stati e ci sono in corso tentativi di aggirarla (vedi ad es. Prigogine).
Insomma: panta rei; i Presocratici già lo sapevano, porca miseria, ed avevano ragione.
E quindi ha avuto ragione anche l’ipotesi dialettica, e Colletti aveva più ragione di quanto egli stesso pensasse: pienamente ragione perché, come s’è visto qui sopra, in parte ebbe torto.

Dottror Cammarano, non ricominciamo coi giochi di parole… dialettici. La smetta una buona volta e, la volta prossima, per farsi perdonare, voti perlomeno Bersani, e poi vada a farsi friggere.
La ringrazio per l’augurio, ma La informo che votero’ ancora e sempre Berlusconi, se sarà possibile.

Ma che testa dura! E perché!?
Glielo dico io, perché. Perché tutto muta, perché non c’è nulla che non muti; perché mutamento non significa affatto sostituzione; perché tutto è dialettica, e perché…

La smetta; veniamo al sodo. Perché?
Perché, ammesso che Berlusconi sia tonto…, ebbene, resta il meno tonto di tutti. Questa è pura dialettica triadica: sί, no, ma poi sί+no. Ve lo immaginate un governo capeggiato da Bersani? …V’è venuto il mal di mare, lo sapevo! Buonasera!

 

Leonardo Cammarano, 22 agosto 2011
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Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 22 Agosto 2011


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