€CONOMIA POLITICA – di Leonardo Cammarano

A dar retta a quanto scrive Friedrich Engels nell’Antidûhring, fu probabilmente nel Nuovo cristianesimo (1825) di Saint-Simon che Carl Marx trovo’ la prima formulazione di quella che poi sarebbe stata l’idea portante, o almeno una delle idee portanti, della sua dottrina: “…in Saint-Simon scorgiamo una geniale larghezza di vedute, grazie alla quale nei suoi scritti sono contenute in germe quasi tutte le idee non rigorosamente economiche dei socialisti venuti più tardi (…) Egli dichiara che la politica è la scienza della produzione, e predice che [un giorno] la politica si dissolverà completamente nell’economia“.

Ho sottolineato la parte di questa nota di Engels che giudico la più importante. In essa infatti si dichiara “alla svelta”, e in modo talmente pregnante da passare quasi inosservato, che la politica non è che una “sovrastruttura” della concreta teoria economica, o “economia politica”. Altrimenti detto, essa è la coscienza (distorta) dell’economia, quale essa coscienza puo’ essere nel regime capitalistico/borghese, perché – come Marx dirà nel suo Per la critica dell’economia politica -: “sia i rapporti giuridici quanto le varie forme [politiche] dello Stato non possono esser compresi né in se stessi, né in base alla generale evoluzione dello spirito umano, ma hanno piuttosto [ovvero: perché hanno] le loro radici nei rapporti materiali dell’esistenza”. E pertanto “l’anatomia della società è da ricercare nell’economia politica” piuttosto che nella politica generalmente intesa.

Spesso le cose semplici sono difficili da esprimere. Qui sopra s’è cercato di dire che poiché “l’insieme dei concreti rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società”, è “su questa base reale che si leva la sovrastruttura giuridica e politica”.

In altre parole, con questa rigida teoria si afferma la stretta dipendenza della sovrastruttura (= teorie politiche, leggi, commenti e chiose della vita in generale) dalla base strutturale (= rapporti di produzione, guadagni e perdite della realtà economica). Ed è questa la stretta dipendenza che Engels, cinquant’anni più tardi, resosi conto dell’esagerazione teoretica generata da questa visione delle cose, cercherà di ammorbidire con quel famoso correttivo contenuto in una sua lettera del 1892, dove appunto afferma che tale dipendenza esiste si’, ma soltanto “in ultima istanza”.

Molto duramente invece, nel Manifesto divulgato cinquant’anni prima, si era dichiarato che il programma comunista “poneva a se stesso, come scopo ultimo, la soppressione di ogni carattere politico del potere pubblico”, e quindi, chiaro e tondo, “la soppressione stessa dello Stato”.

Senza giri di parole infatti, nel “10° punto” del Manifesto, si affermava ore rotundo: “Allorché, nel corso dell’evoluzione [comunista], le differenze di classe saranno finalmente scomparse e tutta la produzione sarà concentrata nelle mani degli individui associati, il pubblico potere perderà il suo carattere politico.” E cio’ avverrà, spiega ancor meglio il Manifesto, perché “il potere politico altro non è che il potere di una classe organizzata per l’oppressione di un’altra classe“.

La politica, precisa ancora Marx altrove, non è che “il riassunto degli antagonismi esistenti nella società civile”. E pertanto, in una società comunista matura, che sarà per definizione una società senza antagonismi, non ci sarà più politica. Ci sarà invece (occorre a questo punto aggiungere) una serena, costante meditazione, e discussione, di come strutturare sempre al meglio, e insomma via via perfezionare, la produzione materiale. Ci sarà ancora discussione, certo, ma esclusivamente discussione sui modi di produzione. E dunque ci sarà esclusivamente politica come economia, insomma e finalmente – per farla breve – “economia politica”.

Esagerazione teoretica, dicevamo. Certo: perché questa visione delle cose relega e comprime tutti i possibili motivi di conflittualità tra gli uomini nella sola sfera economica dell’esistenza. Cosa questa per lo meno incredibile: e fu questa, appunto, la critica che ad esempio gli economisti austriaci mossero al marxismo (vedi ad es. Kelsen). Credete voi davvero che, in, una società finalmente pacificata dall’avvento del comunismo, io non prenderei cappello se venissi a scoprire che mia moglie se l’intende col formoso figlio del portiere!? Io, ad esser sinceri, m’incazzerei molto, e irromperei in portineria senza tener conto delle teorie marxiane.

Ma glissons. Posso quasi affermare che, quanto a “sovrastruttura”, io stesso, nella mia ormai non breve vita, non ho sentito parlar d’altro, in positivo ed in negativo; e ovunque, tra conoscenti, nelle pubbliche conferenze, sui luoghi di lavoro, questo è stato – si puo’ ben dire – il pane quotidiano delle nostre povere menti. Dal 1947, diciamo, al 1989, non si è usato altro tema per cercare di istupidirci definitivamente. “Sovrastruttura!” per diritta ed a rovescio. Con la dovuta modestia e solo per amore di verità, penso che i nostri cervelli dovessero davvero essere di buona qualità, per resistere a tale “lavaggio” quotidiano, a tale fiume di quotidiane, reiterate fessaggini. Non c’erano prove in contrario che tenessero. E alla fine, persino la “caduta del muro” risveglio’ solo una parte dei credenti. Nei fatti, già allora era chiaro, e fu ancor più chiaro dopo, che il comunismo altro non era stato che una religione di qualità scadente, una superstizione ammantata di scientifismi positivistici e prevalentemente evoluzionistici.

Questa triste faccenda era stata ben diagnosticata, prevista, spiegata da Ortega y Gasset. Il pensiero fideistico, egli dice, si distingue per il fatto di resistere alla prova di qualsiasi smentita. Mettiamo che arrivi un tale e affermi che domattina nel bel mezzo della piazza del villaggio apparirà san Procopio, i “credenti” si metteranno immediatamente in compunta attesa, tra salmodie e genuflessioni. E dopo, quando ancora una volta il miracolo non avrà luogo, diranno che cio’ è accaduto “per difetto di fede”, o magari perché non si è salmodiato abbastanza.. Per cui si raddoppieranno salmodie e genuflessioni, e si attenderà il mattino di dopodomani. E cosi’ via di seguito.

Questo meccanismo è talmente immancabile, che nel 1956 Leon Festinger ed altri studiosi vi dedicarono un approfondito studio, che fu pubblicato col titolo When prophecy fails. La teoria di Ortega fu perfettamente confermata dai rilievi sociologici: quando una profezia fallisce, i credenti reagiscono non perdendo la fede, ma bensi’ raddoppiando le proprie dosi di fede. E questo infatti accadde, come tuttavia accade, con i comunisti “duri e puri”, che continuano a credere alla teoria della “sovrastruttura”, ed a stornelli e ritornelli affini, malgrado ogni smentita della storia. Il che farebbe ridere, se non fosse che questa stramba caratteristica della psicologia collettiva dei “fedeli” ha causato milioni e milioni di morti.

Ma tutto questo è solo la prefazione d’una constatazione finale breve, ma inoppugnabile.
Abbiamo qui sopra detto e ripetuto che secondo la teoria di Marx, base del comunismo, quando col declino dell’ordinamento capitalistico/borghese potrà finalmente instaurarsi la società comunista, la politica dileguerà come neve al sole e al suo posto sorgerà sovrana e definitiva, finalmente libera dai lacci e lacciuoli delle chiacchiere politiche, l’economia politica, ovvero l’unica attività mentale che valga la pena di coltivare ed esercitare: quella relativa al mantenimento ed al miglioramento dei mezzi di produzione.

Orbene: il suddetto fenomeno si sta producendo proprio adesso, in questi mesi. Gli Stati e i Governi constatano l’inanità delle loro politiche, discutono e chiacchierano a ruota libera, ma invano; la direzione generale delle faccende del Mondo dalla politica passa alla brutale economia; non più Governi e Parlamenti, bensi’ organizzazioni di misurazione economica, agenzie di rating, uffici di valutazione e percentualizzazione di profitti e di perdite… Insomma, l’Economia finalmente regna sovrana, mandando a gambe all’aria la politica, le possibili politiche cercatrici di salvezza.

Cosi’, si direbbe, Marx ha finalmente avuto ragione… Ma, un momento! Per lui, per la sua teoria, questo prevalere dell’Economia sarebbe stata la vittoria dell’Umanità sui cattivi automatismi indotti dalla storia del capitalismo e della borghesia…

E invece no. Marx ha avuto torto ancora una volta. La supremazia dell’Economia ha invece segnato, e tuttora segna, la nostra sconfitta, la sperabilmente non definitiva sconfitta delle nostre povere storie, capitalistiche, borghesi, proletarie che esse siano. Un Napoletano di razza squadrerebbe tanto di corna, e borbotterebbe tra i denti che molto porbabilmente Marx era ‘nu Ddi’e jettatore!

Leonardo Cammarano, Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
09 agosto 2011

Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 9 Agosto 2011


Un commento a “€CONOMIA POLITICA – di Leonardo Cammarano”

  1. Giuseppe Corona says:

    Posso tentare un’altra interpretazione? Dagli stessi passi che tu citi. In particolare: “…, ma hanno piuttosto le loro radici nei rapporti materiali dell’esistenza”. Qui non si parla nè dell’economia, certamente non nel senso in cui la intendiamo, oggi, noi, dopo Keynes, come politica economica e non come economia politica. Si parla di “radici”, non di fondamenta, ed io, francamente, non penso che altre “radici” qualsiasi costrutto teorico possa avere se non nell’esistenza concreta dell’uomo, nei suoi bisogni corporali che lo costringono a una elevazione spirituale in grado di dar loro soddisfazione. Credo che un’autentica, vera, lettura del capitolo, era un capitolo?, del Capitale sulla merce come feticcio con conseguente alienazione dell’uomo nella cosa, ossia nel vitello d’oro, é di natura totalmente biblica, mosaica. Io ho sempre pensato a Engels come un superficiale, quando riduce “i rapporti materiali di esistenza” a economia e interessi economici. Anche tutto il discorso di Marx su Stato e politica, bisogna vederlo facendo attentamente attenzione al rapporto che si instaura tra Stato, struttura moderna, e politica. A me pare che Marx parli della vine della politica in questo senso, come crollo della politica insieme con la sua costruzione statuale. Marx, se questo è il suo pensiero di fondo, è antistatalista! La sua versione della democrazia si muove tutta all’interno della polis greca, di una visione comunitaria dove una visione economicistica è del tutto interdetta. Sono solo prime osservazioni, Marx ne ha dette tante, non tutte felici, come capita a tutti i pensatori, mai separerei il grano dal loglio, in ogni caso non sceglierei Hegel!


Lascia un commento