COCCIGE E COSTITUZIONE ITALIANA

Giorni fa, Piero Ostellino ha scritto per il «Corriere» un editoriale molto interessante. Uno scritto di Ostellino lo si legge sempre con piacere: costituisce una piacevole pausa di onestà mentale nel generale groviglio di previsti « politicismi », di interessati luoghi comuni. Luoghi comuni: solitamente, filastrocche mandate a memoria, da ripetere per filo e per segno, frammenti teoretici non si sa più se consapevolmente strumentali o ormai abitudinari e pertanto involontari, pseudo-ragionamenti e false constatazioni il cui scarso succo è monotono, perché è sempre il seguente: Berlusconi è colpevole.

Anche se ciò fosse vero, persone ragionanti e per bene, come è Ostellino, proverebbero vergogna a farsene uno strumento di logica (!). Trattando del tema «Costituzione», egli infatti si è ben guardato di ricorrere ad argomenti del genere. Seguendo l’uso invalso, avrebbe ben potuto farlo.

 

Si usa dire: Berlusconi è colpevole di fare alcune cose e non altre; oppure di farne altre e non alcune; di farne troppo presto o troppo tardi; di farne alcune per fingere di farne altre; di permettere che altri non gliene facciano fare o, per converso, di non permettere che altri gliele facciano fare… Insomma, per farla breve: egli va eliminato dalla realtà politica italiana. Riassumendo, egli è estremamente colpevole per il fatto stesso di non volersi far eliminare.

In fondo, se scavassero nella propria coscienza (ove ne abbiano una), i suoi oppositori scoprirebbero che lo sentono colpevole anche del semplice fatto di non esserlo. Come si permette il colpevole di non esser colpevole? Questa è una «bella domanda», come esclamano i partecipanti al programma «il Milionario». Ormai ogni relazione logica tra le varie accuse possibili è superflua; si procede all’ingrosso, per argomenti ad hominem, ad baculum, ad odium e anche, in mancanza di meglio, a silentio (come, p.es. quando si sorvola sui meriti delle politiche economiche).

L’assenza d’ogni tentativo di attingere qualche decenza mentale fa impressione. Iersera, alla presenza di un inviato del Governo francese che intendeva riferire sui problemi delle immigrazioni dal Nordafrica, la «discussione» s’è fatta subito, e come al solito, invereconda. Invece di discutere di cose attinenti, s’è continuato a darsi reciprocamente torto, intorno alla consueta nenia antiberlusconiana guidata dal cantore di cappella Donadi. Con ciò suscitando sguardi tra increduli e beffardi del messo di Sarkozy. Era venuto per parlare delle “fregature” di Sarkozy, lui! Non gli pareva vero!

A questo punto, chi come me abbia «una certa età» avverte una sorta di rimpianto, una perversa nostalgia. E’ un vero peccato che quella vera e propria «patacca» che fu lo stutturalismo non sia più di moda. I meno giovani ricordano i fiumi di scemenze sfornate mediante quel «neolalismo arbitrario» che consentiva anche ai più fessi di imbastire conferenze e discorsi di chilometrico nullismo. Vi ricordate dei piani sincronico e diacronico, della langue e della parole, dei valori in praesentia ed in absentia, dei lessemi e morfemi e monemi e fonemi!? Dei rapporti «et» e «aut» ? Ricordate ancora la famigerata «lista Knease» ? Si trattava di fare statistiche di singoli vocaboli e poi da queste risalire al «senso» di ogni asserto o testo, poetico, letterario, scientifico o politico?

Ad esempio, un testo in cui il vocabolo «amore» ricompariva più spesso di quanto comparisse in un altro testo, era per ciò stesso da considerarsi più emotivo, più poetico. Immaginate quale divertimento potrebbe trarsi oggidi’ da tale ermeneutica! Calcolare ad esempio la dignità politica di Caio dal numero di volte che scandisce il «morfema» Berlusconi! Ma non esageriamo. La misurazione della scemenza d’un testo aveva a disposizione anche tecniche più sottili. Bisognerebbe allestire dei veri e propri sottisiers, sull’argomento, ispirandosi all’esempio insuperato di Bouvard et Pécuchet. Voglio dire : scemenze non più e non soltanto di forma, ma anche (finalmente) di contenuto.

Di contenuto. Nei fatti, come se non fossero bastati i totalitarismi del primo ‘900, lungo la seconda metà del medesimo secolo l’acume collettivo ha subίto cadute solenni. Infortunî gravi, che passavano inosservati per la forza dell’abitudine e della rassegnazione! Valga per tutti la seguente «perla giapponese» di Simone de Beauvoir, scrittrice di buona qualità che tuttavia, quando fu toccata dall’ispirazione diciamo cosi’ politica, tiro’ fuori scemenze di stazza mondiale. Ne La vieillesse (pubblicata nel 1970) afferma con sussiego che il Libretto di Mao puo’ riuscire anche utilissimo, oltre che per i molti meriti teoretici, anche in senso diciamo sofrologico, alla Merleau-Ponty, per una buona… cura dei reumatismi articolari. Avete letto bene. Nella fattispecie: cura della lombaggine. Basta un semplice accorgimento terapeutico: stesi sul letto, a panza sotto, situare sul proprio coccige una copia di detto Libretto Rosso, ed attendere. Sic! E qui la de Beauvoir cita la dichiarazione d’un vecchio Cinese il quale, previa benedizione al Presidente Mao, giura che, dopo aver attuato questa semplice cura, poté di nuovo deambulare spedito.

Questo medesimo carattere di insensatezza idiota (qui la tautologia, altrove pleonastica, ci vuole) presenta la attuale «fissa» su Berlusconi, il nome del quale ricompare ogni sei o sette «morfemi», in ogni dichiarazione, orale o scritta, dei componenti della nostra Opposizione parlamentare. Talora si giunge al massimo dell’impudenza, dichiarando nero il bianco, o viceversa. Ad esempio: si parla del viaggio di Berlusconi a Lampedusa, o in Tunisia, per dichiarare subito prima e subito dopo il suo evidentissimo disinteresse per le concrete questioni politiche che al momento interessano il nostro Paese.

Questa solfa, e altre consimili, sono ormai ininterrotte. Stiamo diventando un popolo diviso in due: 1) monomaniaci e minorati mentali, 2) rassegnati, che rinunciano ad ogni tentativo di rettifica e di dibattito -, perché la causa della verità e della ragionevolezza è perduta in anticipo.

Alla lunga, il clima sonnolento prodotto da questa troppo prolungata emiplegia mentale genera intoppi anche presso le persone serie. Talora una sorta di ignoratio elenchi impedisce anche ai migliori di procedere spediti sul filo della cartesiana «chiarezza e distinzione». Quasi non si sa più di che cosa si parli. Basti biascicare che «Berlusconi è colpevole». La stanchezza generale grava su tutte le menti; il bisogno di riposo tien luogo di ragionevolezza.

Torno a bomba. Come ho detto in principio Ostellino, sul « Corriere » di alcuni giorni fa, dedica un’ottima analisi al tema della nostra Costituzione. Questa, egli afferma giustamente, deve presiedere alla tutela della «libertà del singolo», come appunto vuole la sua stessa origine storica (il «diritto di resistenza»), avvalendosi tra l’altro della separazione dei poteri e della proclamata sicurezza d’ogni cittadino di fronte al potere di chi governa. Tutto bene, anche se a chi, come me, sia incompetente in materia, tra i due temi (tripartizione dei poteri; tutela della sicurezza del singolo) non sembra di scorgere legami troppo stretti: né di implicazione, né di convergenza, né di sinergia, né di opposizione. Ad un liberale sembra, e sembrerà sempre, che la strutturazione fisica, per cosi’ dire, gli esteriori ripari legali di ciò che è giusto contro ciò che non lo è, non riusciranno mai a sostituire la rettitudine dell’animo, sola vera garanzia di una giustizia vera.

Nel mio intimo, insomma, io liberale mi sento convinto che, anche mediante tutte le “liberali” tripartizioni del mondo e di Montesquieu, chi volesse potrebbe farmi ingiustizia e legalizzarne poi il misfatto. La faccenda della giustizia è anzitutto una delicata disposizione dell’animo nobile. E qui non ci si scandalizzi. Quanto qui affermo significa soltanto che per me la separazione dei poteri è condizio indispensabile, ma non sufficiente, per instaurare la «giustizia» in un paese civile.

Ma qui c’è ancora da dire, perché il « fondo » della faccenda è ancora un altro. Ostellino fa certo benissimo a discutere il tema Costituzione, non a tutti noi ben chiaro; ma questa discussione, per cosi’ dire, pertiene ad un piano che è già successivo ad un esame previo, ch’è quello decisivo. Manca la disamina d’una questione logicamente precedente: perché mai oggi si parla tanto di Costituzione? La spiegazione non è nel merito, come Ostellino sembra credere. E’ invece nettamente esteriore, perché è strumentale.

Per spiegarmi torno alla de Beauvoir. La quale giudica non solo del contenuto del Libretto rosso di Mao, ma anche dell’opportunità pratica della sua collocazione: sul coccige dell’utente. Dobbiamo giudicare cosi’ anche noi, discutendo della nostra Costituzione. Nelle menti di coloro che tanto ne discettano, i suoi contenuti contano meno di un fico secco. L’ Opposizione Parlamentare si infischia di ciò che la Costituzione afferma o non afferma. Essa Opposizione intende soltanto, cosi’ come fece il vecchio Cinese di cui dice la de Beauvoir, situare il venerabile testo sul proprio coccige, come utile strumento di difesa e di conservazione di se stessa.

Non si è «conservatori» cosi’, a caso! Esplicitando : si tratta di servirsi della Costituzione per ripararsi il deretano, altro che chiacchiere! Il suo contenuto teorico, giuridico dico, qui è del tutto indifferente. E quest’è tutto.

 

Leonardo Cammarano, 6 aprile 2011

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Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 7 Aprile 2011


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