LA CACCOLA E DINTORNI

Non mi rimangio certo l’opinione espressa alcuni giorni fa, a proposito del carattere di “signorilità” conferito dalle tradizioni d’arte e di pensiero, dico dalla storia, al DNA di noi Italiani. Questa signorilità è per noi quel che la hidalguía è per gli Spagnoli: qualcosa che, non appena ci si imbatte in un Italiano o in uno Spagnolo di qualità, risulta subito evidente, ma che è difficile da spiegare, come accade con tutti i dati intuitivi.
Nel medesimo testo, però, avvertivo anche che questo ed altri aspetti della tradizione italiana vanno sempre di nuovo ricordati, “rivissuti”. Direi quasi “alimentati”, perché il carattere di uomini e cose è vivo sì, ma, troppo a lungo trascurato, può inaridire. E poi, come si sa, “corruptio optimi pexima”: la corruzione dei migliori è la peggiore.

Questa premessa per dire che le mostruosamente crescenti pacchianeria e maleducazione di noi Italiani devono finalmente essere arginate, prima che sia troppo tardi. Forse stiamo per perdere il filo della nostra storia; bisogna riesaminare e ricontrollare le nostre origini!
Insomma l’Italia sta tradendo se stessa. Mi tornava alla mente questa tristissima constatazione giorni fa, assistendo al programma televisivo di Oliviero Béha in cui Klaus Davi raccomanda, a quei politici che indomiti resistono alla “rottamazione”, di curare almeno la loro presenza, “rottamandosene” da sé i numerosi, i troppi lati negativi. Ripeto: curare la loro presenza, e non solo le loro idee e la loro politica. Ma questo perché, aggiungo, la presenza è anche sostanza.

Da un altro punto di vista, io personalmente alla faccenda della rottamazione ci credo poco; un vecchio politico (nel senso di “un politico vecchio”) spesso è più originale di un politico nuovo; anzi le idee nuove sogliono spuntare nei cervelli vecchi. La buona politica, io credo, come l’arte in genere (e la pittura in particolare), si ciba di pazienza e di iterazione. I pittori più straordinari (Rembrandt, Tiziano, Velàzquez, Cézanne…) sono quelli al di sopra dei 50 anni. Persino una singola intuizione, che sembra spontanea e rapida, spunta su di un terreno lungamente e pazientemente arato. Io sospetto appunto che la meravigliosa “intuizione” delle donne sia il frutto del fatto che esse “intuiscono” tutto il santo giorno: non pensano ad altro!
D’altra parte vi sono idee, modi di sentire e di fare, persino gesti, che possono essere rottamati solo mediante il disgusto provocato dalla loro stessa eccessiva ripetizione. La noia è una componente importante del progresso.

Se l’eleganza è una faccenda di forma, questo vuol dire che è cosa che riguarda l’arte. Arte: risponde infatti ad un modo di sentire la vita e, pertanto, ad un modo di sentire la nostra presenza in essa. Ed anche qui, ho sempre constatato che le persone più raffinate sono le persone anziane.

Ora, non ci si venga a dire che majora premunt!, e che queste son chiacchiere da lasciare a chi vuol perder tempo. La signorilità è questione di forma, abbiamo detto; ma le persone avvedute sanno che la forma retroagisce sul contenuto, modificando in modo decisivo il nostro generale atteggiamento di fronte ai problemi, spesso brutali, che la vita ci pone. Io ricordo il sorriso di Gino Magnani o di Augusto Jaccarino, lo sguardo mitemente “laterale” che Raffaello Franchini lanciava prima di rispondere ad un interrogativo come per accertarsi di non ferire la sensibilità dell’interlocutore: erano e sono tratti dell’universalmente umano, e della componente italiana di esso, che per me restano indimenticabili. E che mi riempiono di nostalgia.

Oggi, ad esempio, chi ha voluto, o ha potuto notare grazie al proprio livello di umana finezza, come la “forza gentile” di Sandro Bondi abbia impresso, anche soltanto attraverso il suo troppo breve passaggio al Ministero, un nuovo registro alla coscienza collettiva quanto a tutela del nostro patrimonio d’arte e di cultura, può constatare quanto un gentiluomo possa incidere e incida sulla vita collettiva, mentre la gente volgare deride quella che crede essere la sua scarsa importanza. Coi suoi apparentemente sommessi interventi, l’energico Bondi ha “scosso” molte coscienze.

Io vivo all’estero e posso fare quotidianamente dei paragoni. La nostra TV dal punto di vista “buona educazione” lascia pensosi. Da un lato, nei canali TV scolastici ad esempio, egregi programmi d’aggiornamento culturale; ma se vi sintonizzate quando e come volete sul più vicino “canale” TV ecco, al massimo nel giro di due minuti, una scarica di gros mots, ovviamente quelle parolacce e giri di parole relativi alla sfera genitale o all’atto della defecazione, che sono ormai i soli temi che muovano al riso. Le signore donne che partecipano alla trasmissione azzardano la mala parola quasi a sfoggio di coraggiosa parità coi signori uomini. Quando langue il tono “comico”, cretinamente allusivo, tono chissà perché ritenuto indispensabile e pertanto costantemente richiesto, ecco un par di parolacce di quelle pesanti restituiscono la voluta ilarità alla platea. Al contempo, l’esibizione delle parti più “richieste” (!) del corpo femminile è la regola. Hanno voglia di squittire le femministe! “Mercificazione” a bizzeffe!

Notoriamente, una volta abituato il palato ai sapori forti, tornare ad una cucina raffinata è impossibile. Ma c’è di peggio: fioccano da tutte le parti quei messaggi più spontanei di mala educazione che sono i “micromessaggi”. Si tratta di atti mancati comportamentali che sono sintomi eloquenti.
Bisognerebbe, ad esempio, raccomandare vivamente ai partecipanti maschi dei nostri dibattiti di starsene seduti con le ginocchia unite; di NON tenere le gambe aperte e spalancate, stile “ranocchia” o “pollo alla diavola”, specialmente in presenza di signore. Un politico che pontifica quasi esibendo i genitali è poco efficace, immagino: nei fatti i politici stranieri, che nascondono come è doveroso le pudenda, sono, proprio per questo, predisposti alla vittoria dialettica. Le gambe siano accavallate, dunque, mi raccomando; ma quando siano accavallate, ebbene non si deve agitare il piede sospeso per aria. Le nostre scarpe non interessano a nessuno. Ancora. Non ci si deve grattare la testa e poi esaminare i risultati di tale operazione sulle proprie unghie. Non ci si deve tirar fuori le càccole dal naso e poi giocherellarci, pensando che i telespettatori non se ne accorgano. Naso ed occhi vanno nettati prima di presentarsi al colto pubblico. E’ poi uso costante di quasi tutti i politici quello di annusarsi le dita nei brevi momenti di pausa, allorquando non sono intenti a sbaragliare l’avversario a colpi di urlacci. Come se l’odore delle dita fosse uno stimolatore cerebrale!

Quanto alle signore, la loro naturale civetteria fa filtrare una maleducazione diversa. In genere, bisogna che capiscano quanto segue: “strapanzare”, come dicono in Italia meridionale, cioè scuotere il busto, il bacino, le spalle, è roba pacchiana assai. Dunque NON usare le braccia e il busto, con scotimenti, spallucce, torsioni varie, per sottolineare le proprie generalmente scadenti convinzioni. Vari personaggi che dovevano per professione letteraria o politica comunicare le loro idee, come Talleyrand, Walter Benjamin, Milan Kundera, Gustavo Flaubert, Italo Svevo etc., sapevano, e in un modo o nell’altro raccomandano, che l’enfasi, anziché rafforzare, spenge l’espressione di idee e di sentimenti. “Una cosa detta con foga – affermava Talleyrand – è una cosa non detta”. Flaubert sa, e Kundera dice, che le espressioni più forti sono quelle rattenute. Italo Svevo ti ammazza con un sorrisetto, e Walter Benjamin conclude: convincere con la forza è illusorio.
Le signore, che dispongono dell’arma sterminatrice del proprio fascino, sappiano dunque che questa loro arma diventa più pericolosa se ad essa, come ad una pistola, viene imposta la sordina. Guai ad esibirsi! Pertanto si “sbattano” di meno, per favore, e lascino le parolacce solo agli uomini maleducati. Parlino di meno e più piano, lascino perder le cattive parole e le allusioni sconce, e ricordino che il sesso e le altre funzioni organiche, presso animi bennati (come si diceva ai tempi belli d’una volta), oltre certi limiti più che al riso muovono ad una certa mesta perplessità: “ma come, son queste le fonti della nostra allegria? siamo così tristemente ridicoli?”

Riassunto: occorre fare il contrario di quel che fa il maleducato volgo (scusate il linguaggio reazionario, ma come esprimersi altrimenti?): il quale volgo si diverte solo ed esclusivamente quando si parla di sesso o di cacca. Propongo, en passant, un motto secondo me utile: “Dimmi come ridi, e ti dirò chi sei”.
E per concludere torno al punto. Bisogna impartirsi tutti un severo corso di “contegno”, come si diceva olim. Forza, stringete le gambe, erigete il busto, abbassate il tono della voce, e insomma… tirate a campare e continuate a comportarvi come prima e peggio, se non siete d’accordo. Peggio per voi.

Leonardo Cammarano, 29 marzo 2011

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Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 30 Marzo 2011


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