TRIBÙ DIGITALI

L’opinione pubblica è un insieme di convinzioni condivise che si creano influenzate dagli organi d’informazione e dalla relazione ed interazione degli individui tra di essi. Sebbene mai abbiamo avuto un’opinione pubblica di stampo anglosassone, capace di condizionare le sorti di un governo, il comun sentire è sempre stato tenuto in larga considerazione da tutta la classe politica e i suoi esponenti di maggior successo sono sempre stati quelli in grado di annusare l’aria che tirava prima degli altri.

Da pochi anni, con l’era di Internet e in particolare con i Social Network, il cittadino dispone di strumenti più immediati, efficaci e liberi per formarsi una opinione e il politico di professione accede ad una potentissima ed immediata cartina di tornasole per misurare l’umore dell’elettorato. Indubbiamente un enorme passo avanti, una rivoluzione comunicativa che ha allargato la platea non solo di chi ascolta, ma soprattutto di chi può esprimersi. Peccato però questo strumento non sia sfruttato appieno, rimanendo confinato nell’alveo della potenzialità più che nella realtà.

La colpa di ciò siamo noi stessi. La rivoluzione tecno-informativa ha semplicemente posto a fianco del popolo bue, categoria mai estinta, il popolo tribale. Si sono formati una serie di accampamenti digitali, incapaci di pensiero autonomo, divenendo poco più che compartimentati baluardi di bandiera. Chi, all’interno di questi accampamenti, osi pronunciare un distinguo viene immediatamente espulso dalla tribù. Lo spettacolo offerto è penoso, il confronto che potrebbe essere alto e costruttivo si riduce a una serie di insensati arroccamenti che si nutrono e si riversano, come un gatto che si morde la coda, dalla carta stampata ad Internet, dalle TV al bar di quartiere e viceversa.

Accampamenti che non si nutrono di buon senso, ma di esagerazioni ed eccessi, adottando modus pensandi univoci e monodirezionali atti a giustificare qualsiasi modus operandi dei loro capi tribù. Un comportamento che è la negazione di quella funzione, preziosa e necessaria, di spontaneo controllo della classe di potere che dovrebbe essere propria dell’informazione e patrimonio dell’opinione pubblica. E mai come oggi l’opinione pubblica può anche svolgere ruolo informativo.

C’è il Viola duro e puro, alternativamente vicino a Grillo, a De Magistris o a Di Pietro (dipende dal tempo, credo), che per nemico e demone notturno dei suoi incubi ha Berlusconi, ma che per accedere ad un posto di lavoro si comporta esattamente come un qualsiasi DC prima repubblica. C’è l’epurato finiano che parla per slogan e che si morde le mani per aver sbagliato i tempi del dissenso, condanna Berlusconi, ma giustifica le molte zone d’ombra di Fini. C’è il berluscones acefalo, ben rappresentato dal gruppo Facebook “Minzolini fan club”, che batte le manine. Per tutti il meccanismo di difesa è univoco: minimizzare o tacere i peccati compiuti sotto la propria bandiera per accentuare quelli altrui.

Ci sono due tipi di acefalismo: quello congenito e quello tribale. Per quello congenito – modello Minzolini fan club – non si può purtroppo fare nulla se non tollerare con umana sopportazione. Quello tribale a sua volta è diviso in due categorie: quella professionale e quella simpatizzante. Per la prima negare l’evidenza – sempre e comunque – è comprensibile questione di pagnotta, ma per la seconda non vi è giustificazione alcuna.

Il simpatizzante dovrebbe essere il primo ad arrabbiarsi se il suo capo-tribù sbaglia, invece di giustificarlo. Se viene rilevato che Berlusconi ha errato a telefonare in questura interessandosi di Ruby, non può rispondere che anche la Bocassini si comportò in modo analogo per il fermo del figlio. È una posizione ribassista, dove si addita il torto di una parte per giustificare quello della propria. Così ragionando si rischia tutto divenga permesso in funzione di supposti censurabili comportamenti altrui.

L’operato della procura di Milano è stato orribile, si sono presi l’arbitrio di entrare nella vita privata di alcune persone, Premier incluso, senza che si veda ancora una evidenza certa di reato. Ma va detto che vi sono ancora circa novecento pagine di verbali che dormono negli uffici del tribunale, delle quali nulla ancora conosciamo ed è anche in virtù di queste che è stato chiesto il rinvio a giudizio immediato nei confronti del Premier, Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede. Si può certamente credere la Bocassini sia talebana, ma di certo non una sciocca. Inoltre se si fosse certi l’operato dei PM sia sfociato in abusi perché non viene ordinata una ispezione da parte del ministro della Giustizia o non si fanno esposti agli organi competenti?

Al sostenitore non dovrebbe importare delle abitudini sessuali del Premier, ma delle balle che ha raccontato (ho una fidanzata), del suo intervento presso la questura di Milano in favore di Ruby, della sua frequentazione di minorenni, del sospetto che Nicole Minetti (e magari fosse solo lei) sia stata eletta al Pirellone per meriti di culo e non politici. Ecco, di questo dovrebbe incazzarsi l’elettore del PDL, perché dovrebbe tenere più al popolo di centro destra che non alla rock star Berlusconi. E se il principale merito del Premier è stato quello di costruire questo popolo dovrebbe preoccuparsi se qualcuno rischia di distruggerlo, fosse anche Berlusconi stesso.

Paolo Visnoviz
24 gennaio 2011

Paolo Visnoviz
Zona di frontiera, 24 Gennaio 2011


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