UN PREDELLINO PER IL POPOLO

Libia e protagonismo di Napolitano occupano la scena politica italiana, a meno di un colpo di scena, e di coda, essi segnano l’epilogo negativo della avventura politica berlusconiana. Consegnarsi alle passioni, giubilo o depressione, a seconda del rapporto con Berlusconi, non serve a niente, meglio assumere la cosa e rifletterci su.

Al di là della guerra intestina di cui è preda l’intero mondo arabo, i cui tratti si stentano a individuare, il modo, col quale Berlusconi tratta la questione libica, danneggia gli interessi nazionali che egli stesso, con genialità, aveva definito in una politica estera con il Mediterraneo suo epicentro. Lì ha perseguito un disegno di costruzione di nuovi equilibri che coinvolgessero la Russia, che andava dalle ex repubbliche sovietiche al Marocco. La Libia del “massacratore”, per un naturale nostro insediamento, era caposaldo e cabina di regia del disegno, la cosa fu stabilita con un Trattato di amicizia sigillato dal bacio della mano “insanguinata” del “massacratore”, che tale è sempre stato o mai. Per noi non lo era ed è giusto che fosse così. In ogni caso “first our country”! Gli USA spieghino Pinochet e gli apache!

Questa politica, fulcro di quella estera, definiva i nostri interessi, la pace e la guerra, l’approvvigionamento delle risorse energetiche e di quelle finanziarie, il governo sapiente del fenomeno migratorio, l’aprirsi, non intravisto col necessario acume, di un orizzonte per la soluzione della questione meridionale. Tutte le questioni vitali per il nostro paese, non l’Italietta del dopoguerra ma il grande paese che siamo. I nostri bambini e i nostri vecchi devono ora temere i rigori dell’inverno e i calori dell’estate!

Berlusconi non ha retto al trio guerrafondaio, nobel della pace in testa, fieramente avverso a questa politica, che non capisce che il venir meno della sua influenza nel Mediterraneo non è colpa nostra ma sua. Noi siamo stati lasciati soli, a trattare questioni forse più grandi di noi.

Il Capo dello Stato, proveniente da ben altre fedeltà a ben altri massacratori, ha intimato fedeltà alle alleanze che la Germania snobba e la Turchia mal sopporta. Come dire: niente! Egli, però, accanto a questa fedeltà ne fissa altre: la difesa della Costituzione, dell’Unità risorgimentale, del compromesso con l’establishment italiano, Mediobanca – grande giornalismo – Magistratura, dei grandi favoriti di Stato!
Chi Berlusconi ha sfidato se non questo establishment, perchè il popolo lo indicò? Manca, ormai, che il capo dello Stato indichi la strada del “governo di decantazione”, definendone tempi, tratti e personalità. Improbabile? Solo un cieco non vede il suo farsi strada!

Su Libia e Unità nazionale si è aperto un fossato tra Bossi e Berlusconi, c’è da meravigliarsi, farebbe male la Lega a difendere l’essenza del suo esserci? La soluzione napolitaniana è altamente probabile, resta da chiedersi se essa giovi al paese, dove lo porti, se regga e duri.
No, non reggerà, frantumerà il paese, lo spaccherà in tanti partiti territoriali, lascerà le sue carni sbranate alle brame famelica del trio, la Libia è il primo boccone, Parmalat e altri seguiranno. Anche la Germania vorrà la sua parte e non mancherà di averla. Un capolavoro risorgimentale!
Berlusconi sa benissimo tutto ciò, perché ha ceduto?

Gli manca la struttura di collegamento con il popolo, perchè il “partito del leader”, tutto da costruire, non può essere un “partito personale”, non più, ormai. Il PdL è una formazione in gran parte dominata da una nomenclatura, spesso seconda e terza fila della Prima Repubblica, cui si è aggiunta una porzione di cooptati/e che dice sì, non pensa. Non mancano in esso eccelse personalità ma sono destinate a essere travolte da questo litigio per l’eredità, pensano! La cosa strana, solo apparentemente, è che i litiganti non si accorgono che questa eredità, come si è detto, si sta dissipando.

Rimane un solo interrogativo, che va consegnato a chi pensa e al popolo: si può fare qualcosa per conservare questa eredità dell’epoca Craxi-Berlusconi? Perché non pensare a un disegno di legge, non costituzionale, di iniziativa popolare, un vero nuovo “predellino”, che indichi modi adeguati di selezione di eligendi e di eletti, di una nuova classe politica che parli ai territori e alla gente, invece che ai quadri di una partitocrazia e di una burocrazia?

Questo è il sistema politico italiano, un potere degli uffici, statali e politici, non una democrazia. Un nuovo sistema elettorale per iniziativa popolare, poi si vedrà, altre riforme, fiscali, costituzionali, federali, della giustizia, sono, oggi, illusorie, perché manca la forza d’urto, non per colpa di Berlusconi, vittima del suo stesso tentativo. Può farlo egli stesso? Nel caso, gli verrà perdonato tutto, se no, dovrà pensarci il suo stesso popolo, che, per interessi concreti, deve fermare la Restaurazione che alcuni minacciano con la forza. Mancano gli avvertimenti?

Giuseppe Corona
Zona di frontiera, 29 Aprile 2011


Un commento a “UN PREDELLINO PER IL POPOLO”

  1. Giuseppe Corona says:

    Il consiglio finale non è un dire accademico, ma una proposta pratica per una situazione che in Parlamento, dopo Craxi e Berlusconi che hanno tentato la via parlamentare, è del tutto chiaro che non si sbloccherà mai, lasciando allo sbando un paese che si sta sfasciando. I parlamentari sono come quei famosi tacchini che non si può credere si facciano invitare volentieri al pranzo di Natale. Quelli non sono rappresentanti del popolo ma “ascari”, barattano il voto di fiducia con favori personali, sono lì solo per questo, non per difetti morali ma per la logica del meccanismo che da al Parlamento il potere di ghigliottinare il capo del governo. Chi ha un potere lo usa! Certo, non approverà una legge che glie lo toglie, meno che mai riforme che tocchino ciò che è premessa di questo potere, la Costituzione. Si dirà: ma una legge del genere, di iniziativa popolare, non deve andare in Parlamento? E’ vero, ma è legge del popolo, il quale si sa da dove comincia ma non si sa dove va a finire! E’ l’inizio di una ribellione pacifica che ha molte probabilità di concludersi, in modo pacifico, con una ribellione finale. Si rifletta, è l’unico modo di salvare il paese, oggi in vendita.
    26 minuti fa


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