RAGIONE MORALE E TORTO TATTICO

La guerra in corso con gli Arabi sarà presto una guerra guerreggiata? Io spero che noi si intenda vincerla, questa guerra, sebbene in Europa i sinistri sintomi del disfattismo serpeggino ogni giorno di più. Dovremmo riuscire ad esser degni di noi stessi: di quel moltitudinario ʺnoiʺ che pochi giorni fa creò quasi ex nihilo la miracolosa marèa del Charlie-hebdo, e che ora si trova stretto tra una realtà terribile e governi d’inservibile mollezza. Eccoci qui moralmente disastrati e disarmati da ideologie insensate che ci hanno convinto ʺnel profondoʺ che l’unica visione del mondo valida sia la (pur necessaria) tiritera del ʺprodurre, vendere, comperare, consumare, e daccapoʺ. Il mostruoso attacco dell’Islam doveva essere una sveglia, un opportuno revulsivo. Per un attimo abbiamo avuto la certezza che lo fosse; ma poi eccoci di nuovo a contemplare il livido panorama della nostra demente Europa priva di ossa.

Comunque, se ci sarà guerra – prima o poi ci sarà anche una tregua, che però, speriamo, non sarà quella finale della morte. Affiorerà l’esigenza disperata di trovare un modus vivendi tra religioni che dovranno pur coesistere. Certo, di solito si inizia a discutere solo dopo essersele suonate di santa ragione, come insegna questa realtà misteriosa e brutale che chiamiamo umanità, la ʺmala bestiaʺ che noi cerchiamo di ammansire, anzitutto in noi stessi.

Detto questo, non va certo da sé che tutte le religioni siano ʺbuoneʺ: esistono le religioni di Satana. Ma lasciamo da parte queste considerazioni inquietanti. Penso che le ʺnuove guerreʺ in arrivo necessiteranno di sempre più efficaci armi psicologiche, in un mondo sempre più ʺinformatizzatoʺ, nel quale il peso delle chiacchiere e della persuasione sarà sempre più rilevante.

Nella nostra situazione, spiacevolissima perché il nemico ha già invaso, o almeno infiltrato, i nostri territorî, la cosa meno utile da farsi sarebbe quella di fare quel che il nemico già fa: dichiarare previamente, senza mezzi termini, di mirare alla distruzione completa, alla eradicazione dalla faccia della terra della forza avversaria. Errore non solo etico, ma anche tattico: un disperato inibirsi le prospettive d’ogni pacificazione, di ogni scioglimento della contesa che non sia quello di distruggere l’avversario. Un rassegnarsi alla guerra perpetua.

È in questo senso che, fin dall’inizio della tragedia del ʺCharlie Hebdoʺ, le famose ʺbarzelletteʺ si rivelarono pericolose. Dovevano certo colpire tutto e ovunque: la satira puó e deve ridere di tutto e sbeffeggiare tutto. Ma bisognerebbe evitare di colpire ʺil centro vitaleʺ dell’avversario, la fonte stessa del suo modo di essere, quel colpo che preclude ogni forma di remissione.

Papa Francesco, il nostro… ʺimpresentabileʺ pontefice, con il suo piglio di sincerità contadina, ha detto con chiarezza che siamo ʺalla terza guerra mondialeʺ, ed ha fatto bene. Basta lenitive ipocrisie. E, sebbene tra ʺse e maʺ, anche accettabile è la dichiarazione che arricchisce l’enciclopedia delle sue stranezze; quella in cui afferma che colui che vede offendere la propria madre, è comprensibile che schiaffeggi l’offensore.

Certo: in questa poco ecumenica dichiarazione non v’è traccia di ʺaltre guance da porgereʺ e di ʺ77 volte 7 da perdonareʺ. Ma non è questo il punto. Vediamo: perché mai ha egli parlato in via di ipotesi di ʺ madreʺ, e non di zia o di sorella? È evidente: per accennare appunto ad una offesa che colpisca ʺal cuoreʺ, definitiva. L’ho già detto: non solo umanità, ma anche convenienza vuole che si lasci sempre un margine di ʺdiscutibilitàʺ, un tratto di terreno in comune, in qualsiasi tipo di contesa. ʺColpire al cuoreʺ (sia questo colpo l’ʺoffesa alla mammaʺ – come nello strambo esempio del papa – o alla ʺmamma delle mammeʺ, come certo il papa pensa che sia, e giustamente concepisce, il buon Dio) è un errore gravissimo, che puó diventare difficile da superare.

Con gli Arabi occorrerebbero, nei fatti e nelle parole, comportamenti ben ʺarticolatiʺ. I diplomatici (e le donne) sanno come si fa per dire senza parlare. Ovviamente parole come quelle che sono state già dette: siete dei ripugnanti assassini. E nei fatti, colpi durissimi – è questo il linguaggio che gli Arabi anzitutto capiranno. E lasciare da parte quel che occorra capiscano da sé, quel che sempre capisce, meditando, chi le ha buscate sul serio. Loro e i loro padri sono stati per secoli di religione mesopotamica, egizia, siriana, persiana, cristiana nestoriana… Ciò mostra l’impossibilità loro, come quella d’ogni popolo, di vivere senza un dio, la necessità (simile alla nostra, almeno fino a qualche anno fa, ma ora la disgraziata nostra laicizzazione dimostra a contrario la stessa cosa) di avere un dio; noi siamo d’accordo con loro almeno in absentia, e soffriamo per aver perso il prezioso bandolo. Sarebbe come dir loro: voi stessi ci avete aiutati, ancora a contrario, a riscoprire la necessità del ʺnuminosoʺ, d’una forza che da un ʺoltre l’orizzonteʺ orienti l’ esistenza. Voi per un eccesso che ha generato fanatismo, noi per una carenza che ha prodotto disorientamento e miseria vitale, siamo caduti in un invivibile squilibrio.

Il nostro Papa, magari… alla carlona, proprio questo in sostanza dice, ed ha ragione. Occorre costruire presupposti adatti ad un modus vivendi, nel nome dei nostri Dèi e del reciproco rispetto di essi e di noi stessi.

Direte: questi son predicozzi un bel po’ ridicoli, programmi alla Pantagruele, simmetrie che riescono solo sulla carta; al di là di consimili ingenuità c’è un mare, quello che divide il facile dire dal difficilissimo fare. Certamente, è cosí: eppure è solo in questa direzione, non in altre, che si potrà trovare, una soluzione che non sia quella delle periodiche stragi. Talora (anzi: spesso, io penso) la vita s’è servita e si serve di soluzioni ingenue…, e con ciò?

Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 20 Gennaio 2015


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