MARXUME

Nulla ma non nessuno

Una cosa notata poco (o troppo: le cose troppo note generano indifferenza) è l’atteggiamento da autentici pataccari dei comunisti. Non si vergognano? Dopo tanti anni di errori, crimini, durissime ma meritate sconfitte, non uno di loro, dico uno, che abbia avuto o abbia la pulizia morale di dire: ʺsí, abbiamo sbagliatoʺ. Invece, eccoli: logorroici, saccenti, come se nulla fosse. Saccenti de che? Perché mai da questi bei tomi non si pretende la perenne contrita palinodia che ad esempio si esige dai fascisti? Quale scudo morale li protegge?

Anzitutto, un altro interrogativo, previo: perché continuare ad occuparsi di persone e problemi ormai morti e stramorti dal punto di vista della vigenza storica? Risposta: perché, benché morti, continuano a rompere le scatole.

Comunisti. Si distiguono nettamente per l’assoluta mancanza d’una qualche tradizione politica positiva. Non hanno niente da insegnare a nessuno. Come si faccia ad essere sconfitti dalla storia, sul campo e nelle idee, non credo sia una materia d’insegnamento. Dietro di essi, non altro che il vuoto, il nulla, se si prescinde dal sangue, dalla violenza, e da una terza cosa della quale il tacere è bello. Nessuna vitale vis a tergo che li animi e spinga. E questi personaggi privi di tradizione, seduti doloranti sul vuoto, pretendono di essere ʺi miglioriʺ!

Nel positivo della vita italiana (se ancora ce n’è) essi non sono ormai che corpi estranei. Nel negativo, falsano tutto, o quasi, ora non più con gli abusati dottrinarismi basati sul puro nulla, ma con i loro atteggiamenti di vuota superiorità morale. Invero, qualcuno di loro vale molto (tra gli ʺexʺ: si pensi ad un Colletti), ma per qualità personali tanto forti, da esser riuscite a scavalcare il recinto della collusione. Nella opinione comune, godono di scusanti probabilmente suggerite da un conformismo speculare al loro. Convenienze incrociate. Si sente dire che abbiano fatto quel che hanno fatto ʺa fin di beneʺ. Ma, tranne i Nazisti, tutti gli altri, fascisti compresi, non facevano quel che fecero a fin di bene? E si sentenzia: ʺchi ha sentimento di umanità, non può non essere stato comunista almeno per un breve periodo della vitaʺ. E qui fa velo la falsa eguaglianza marxismo = umanitarismo, anzi umanismo, come i marxisti preferiscono dire per ʺspocchiaʺ (sono gente colta, loro, la mozione dei sentimenti non la fanno!)

NOTA – Per rispetto della verità, va detto che nei primi tempi, e forse fino agli anni trenta, in Polonia, in Bielorussia e non so dove altro, i comunisti, ancora… ingenui, riuscirono a migliorare le condizioni di vita delle turbe contadine diseredate. (Ma, come suol dirsi, questi non sono fatti nostri).

Ad uso degli eruditi, poi, si avanzano giustificazioni teoretiche: il comunismo sarebbe una forma di hegelismo svolto fino in fondo, che merita legittima cittadinanza nella repubblica delle idee. Strana teoria: Marx intendeva ʺcapovolgereʺ lo hegelismo, ʺrimettendolo sui propri piediʺ; ma lo hegelismo è rimasto bene in piedi come sta, con la testa ben in alto (non: fra le nuvole, come Marx pretendeva); è esso niente di meno che la fondazione della dialettica moderna, ovvero l’introduzione del valore ʺtempoʺ nella interpretazione della realtà. Qualcosa di diverso dalla engelsiana ʺdialettica della naturaʺ: che fu sí ʺrimessa in piediʺ, ma che proprio per questo andó subito a gambe per aria.

Noi Italiani per trattare di marxismo abbiamo le carte in regola. Già nel congresso di filosofia tenuto ad Oxford nel ’29, se non erro, il ministro della cultura sovietico Lunačarskij chiedeva: ʺMa chi sono questi Italiani, che si intendono talmente di dialettica!?” Ovviamente non sapeva che una cinquantina d’anni dopo sarebbe stato ancora un Italiano, Lucio Colletti, ad affossare definitivamente la dialettica marxiana con la distinzione tecnica tra enantía ed antikeimena (in parole povere: Marx confonde tra gli ʺoppostiʺ, che hanno legittimo accesso alla dialettica, e i ʺcontrariʺ – ad esempio, ʺuno scontro automobilisticoʺ [!] -, che con la dialettica non c’entrano né nulla né poco).

Oggi, tra persone politicamente ʺcalmeʺ, si è consolidata la valutazione giusta del marxismo. Quella che ne diede Benedetto Croce: è esso un energico avvertimento di quanto la considerazione della base materiale sia importante per una corretta interpretazione del reale. Punto e basta. Come dire: una efficace confutazione dei voli pindarici ai quali la filosofia talora si abbandona quando dimentica la dura ʺnecessitàʺ (Feuerbach: ʺè facile vincere quando si combatte non con le cose, ma con le idee delle coseʺ). Debellare l’ingiustizia economica; sarebbe stata questa l’unica nota di nobiltà del comunismo – ma poi non lo fu: pretendevano che per realizzare la giustizia occorresse professare fesserie.

Il risultato è stato paradossale. Sul piano dei fatti, sconfitta di tutti i tentativi di realizzare lo stato comunista (il famoso immaginario stato che avrebbe la virtù di autodissolversi); sul piano delle frottole, invece, strepitosa vittoria: entusiasmo a vario titolo, sia dei furbi che dei fessi; e conformismo, conformismo, conformismo. Ovviamente la realtà non è mai ʺlineareʺ, e le colpe dei comunisti si aggiungono alle colpe di altri; ma restano tra le maggiori: i comunisti hanno distratto l’attenzione dai problemi concreti, creando problemi aggiuntivi con la loro presenza fattasi conservatrice o addirittura reazionaria. I privilegi ottenuti mediante un cinquantennio di mistificazioni andavano difesi!

Cosí stando le cose, sentire Bersani ripetere ʺa disco rottoʺ di voler fare un governo con le sue sole forze, o magari con l’aiuto esclusivo dell’esperto Grillo, fa ridere. O piangere. L’ultimo guaio della povera Italia: imbattersi in un allucinato allievo della scuola di nullismo descritta più sopra, che ora si propone come esperto salvatore da situazioni disperate. Un ʺbrav’uomoʺ ammattito? Ma la ʺpreparazioneʺ nullista ha già fatto di lui – sia detto chiaro e tondo – un virtuale correo di assassini. Che uomo di governo impeccabile sarebbe! Milioni di diseredati agonizzano; lui colpevolissimamente perde tempo. Ignobile duetto con Grillo che, magari con tanto di scafandro subacqueo, canta, ringhia e gorgheggia mentre lui strimpella scemenze e nebulosi ʺdistinguoʺ. A forza di credersi furbo s’è reso corresponsabile di troppa disperazione, di troppi suicidi, di troppe tragedie. Governo!? Ma se ne stia a casa. È egli un galantuomo? Ma che cosa avverte nel fondo della sua anima, quando ad esempio pensa alla triplice atroce tragedia di Civitanova Marche? O non ci pensa? Ma a che pensa?

Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 10 Aprile 2013


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