DILETTANTI ALLO SBARAGLIO

Non si può chiedere ad un professore di pensare: egli insegna, è già molto. (Jean Josipovici)

Queste due malattie italiane: l’avvocato e il professore. (Filippo Tommaso Marinetti)

Ci sono uomini colti persino tra i professori. (Giuseppe Prezzolini)

In principio furono i tecnici. Professoroni, neh? Già a vederli nella foto-ricordo mettevano i brividi. Tutti seri, sobri, manco l’accenno di un sorriso. E’ chiaro che il nostro Amor Perduto, tutto bandane e chitarra, alla sola vista di cotanta saggezza impettita dev’essere stato colto da subitaneo complesso d’inferiorità. Il capintesta poi era fulgido: loden mai strusciato per caso da un gatto soriano, Signora Elsa con la messinpiega violetta invulnerabile al vento sotto braccio, anglofono, serafico, sicuro di sé. Tutti “sulla botta mbressiunati” da una siffatta perfezione si misero a tessere le lodi mentre essi, assunti allo scranno ministeriale direttamente dal cielo, si misero all’opra. Ecumenicamente, (tranne quei due buzzurroni di Di Pietro e di Bossi) i capipartito si strinsero in una santa alleanza agli Unti per dar vita a una grossen koalizionen che avrebbe portato all’Italia onori e gloria.

Come conviene ad ogni cerimonia purificatrice, si cominciò con le lacrime. L’illustre ministro Fornero (ma quante Elsa!) si sciolse in irrefrenabili singhiozzi alla prima conferenza stampa, immedesimandosi pietosa nella condizione dei delendi cittadini.

Venne il decreto Salva Italia. Nessuno capì né come, né perché dovesse essere salvata, nessuno si domandò se effettivamente fosse stata salvata, e tutti convennero che era stata salvata (Casini continua a convenire). Scese lo spread, sorrise la Merkel, nessuno avrebbe più elargito apprezzamenti impropri sul suo teutonico posteriore. Cominciarono a piovere, come manna dal cielo, le tasse.

Le tasse, le tasse, e poi ancora le tasse. Mentre la feroce Cancellieri (nomen omen) sguinzagliava poliziotti e segugi per ogni dove per scovare pericolosi evasori (venditori di coni gelato, di calzini, osterie di campagna), gli Italiani terrorizzati cominciarono a fare riserve alimentari a base di patate e farina. Le tivù di Stato magnificavano le famiglie a un euro al giorno, con un orto completo nella doccia, i vestiti confezionati dalle stoffe di quelli degli antenati deceduti e la mucca nel tinello. Si chiedevano, gli sventurati, se poi il tinello fosse sparito sotto l’Imu, ove avrebbero posizionato la mucca.

Istauratasi “la terreur fiscale” gli italiani che producevano, un po’ per celia, un po’ per non morir, presero alla lettera il precetto cinese: “Se lo prendi dietro non muoverti, che fa più male”. E si fermarono. Non così la spesa pubblica che continuò a cavalcare beata nei terreni ubertosi della burocrazia e dell’amministrazione. E lo spread risalì.

Qualcuno cominciò a chiedersi: “ma…. e la crescita?” Il capo nel Governo, camminando sull’acqua (col loden) rassicurava tutti: “finita la fase uno, ora, pensiamo alla crescita”.”Ma…Eminentissimo”- azzardò qualcuno e pure la Bce – “per far la crescita bisogna fare i tagli”. Il Magnifico aveva sempre identificato i tagli con la stoffa. Si, la stoffa del cappotto. Il taglio dev’essere di qualità senno’  il paltò  non cade bene. Si vede che il suo sarto, saggiamente, deve avergli spiegato di cosa si parlava.

Si tagli!,  fu detto. Capelli? No. Nastri? Per quelli ci pensa Napolitano. Torta? Quella se la sono già pappata senza tagliarla. Gli eminentissimi professori, non essendo mai incorsi nella fastidiosa incombenza di dare uno sguardo ad una Asl, o di visitare un ufficio pubblico formicaio di raccomandati politici senza arte né parte, non conoscendo l’intima ratio dei consorzi di bonifica, non avendo mai visto il nuovo auditorium di Isernia etc. etc, non sanno proprio dove tagliare. Hanno avuto dunque l’idea di assumere un Bondi non poeta, che faccia l’esperto per gli esperti per il taglio. Ma non basterà. Ci vorranno pure una decina di esperti dell’esperto degli esperti per dipanare una matassa tanto ammaglioccata. E questi dieci avranno bisogno di esperti e via di seguito.

Il Cav usava i sondaggi. Forse i professori non ne hanno bisogno. Basta guardare in faccia qualunque passante incroci la loro strada. Ed è per questo che Supermario, ultima beffa, ha approntato nel sito del governo una costosa casella per farsi raccontare dai cittadini cosa bisogna tagliare. Se poi si aprirà lo striscione: “siete su scherzi a parte” e romperemo una pentola sulla zucca del regista, non firmeremo neanche la liberatoria per mandarci in onda. Dovranno pagarci.

Angela Piscitelli
Zona di frontiera, 3 Maggio 2012


2 commenti a “DILETTANTI ALLO SBARAGLIO”

  1. Walter Ocule says:

    Bellissimo! Condivido parola per parola e mi approprio delle definizione dei professori: troppo belle.Nessuno lo dice mai, ma se abbiamo una classe dirigente ignobile, insipiente, incapace la colpa maggiore probabilmente è della scuola e dell’università che dal ’68 ha cessato di assolvere il suo compito di formazione. Pessimi professori e pessimi risultati, eppure li osanniamo. Da non credere!


  2. Ci si chiede sgomenti come si formano certe leggende, come si riesce a far credere a un gran pubblico che i “professori” appartengono a una categoria superiore e non fanno parte della specie homo simplex. Basta la prosopopea, l’atteggiamento saputo e supponente, le parole in inglese per esprimere concetti facilmente rappresentabili in italiano e coon l’aiuto di una stampa ignorante e pilotata si crea il “personaggio”, il “tecnocrate”. La favoletta dell’imperatore in mutande rivissuta e riproposta anche da questa triste esperienza italiana. Non è solo il prof. Mario Monti in discussione è tutta l’impalcatura accademica che gli sta dietro, una università dove le carriere non sono verificate dove i meriti sono più nella manovra di corridoio che nella sostanza. L’università dove l’acquiescenza servile e interessata al “pensiero unico” ha dominato per trentanni. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa oggi dopo sei mesi Bill Emmott (ex direttore dell’Economist) che ci aveva gratificato con un entusiasmo degno di migliore causa a suo tempo. Siamo mal messi. L. Matteoli


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