MARINE POTREBBE CAMBIARE L’EUROPA

L’appartenenza ad un modo di sentire comune è premessa necessaria della formazione d’ogni gruppo sociale, dalla bocciofila alla nazione. In politica si chiama comunemente consenso, anche se l’etimologia “alta” si perde nei rivoli delle volgarizzazioni.

La  degenerazione di un consenso artificialmente creato è il conformismo: per una serie di circostanze, nella nostra società massificata, talora si riesce a convincere le moltitudini della bontà di una soluzione politica o sul sapore sopraffino di un formaggino schifoso e demonizzare altre soluzioni ed altri formaggini. È il grande inganno cominciato nel secolo scorso e perfezionato nel terzo millennio. Penso alle decantate primavere arabe, montate come colossal, ed ora silenziate per nascondere sotto il tappeto assassinii, dolore, disordini : orride risultanze di operazioni cui è stata appiccicata, vergognosamente, l’etichetta di democrazia d’esportazione.

Qualcosa però cambia impercettibilmente sotto i nostri occhi: la nascita di un cittadino critico che, attraverso la straordinaria  accessibilità di ogni fonte d’informazione, da recettore passivo diventa attore pensante. L’infinocchiamento non è più automatico.

L’Europa che ci imposero, con tamburi, cerimonie, retorica, proclami, eurotasse, mostra ora la sua natura di oligarchia finanziaria senza anima né cuore. Mikis Theodorakis non è certo un demagogo. Simile ad un dio dell’Olimpo, inforcando la penna come una daga, urla il suo sdegno contro l’idolo dorato tecnocrate, seminatore di disperazione e distruttore di ogni cultura. Si tende, naturalmente ad ignorarlo. Facile farlo passare come un ottantasettenne con paturnie senili.

Ma in terra di Francia Marine Le Pen, altra generazione, altra storia, infiamma Francesi non convenzionali dicendo esattamente le stesse cose. Chiama a raccolta i patrioti d’ogni paese per coalizzarsi contro il comune nemico: il supergoverno della finanza. All’Europa dei ricchi tecnocrati contrappone un’alleanza tra paesi autenticamente liberi. La demonizzazione di questa bionda battagliera avvocata e madre di famiglia è imponente. Si fa di tutto per terrorizzare i sindaci ed impedire che raccolga le 500 firme necessarie alla sua candidatura. Il pretesto è il solito: “la democrazia è in pericolo”. Vien da sghignazzare: quale democrazia, scusate? Una democrazia che impedisce ad un quarto (ufficioso) dei Francesi di avere un candidato presidente che per giunta è una bella signora pensante, che dice  in una lingua appassionata e popolare insieme le cose che tutti pensiamo?

Tutti si affannano a pompare lo spompatissimo Monsieur Bruni che all’esordio a Marsiglia, proprio oggi che si ha notizia dell’assassinio della giornalista gheddafiana, non trova di meglio che raccontare di essere stato accolto dai Libici come un angelo liberatore. E le telecamere pronte a riprendere gli sbaciucchiamenti di Carlà, ben in vista in un parterre degno del peggior comitato centrale.

Ma ci pensate, se vincesse “lei”? I foschi tecnocrati che appena si stanno godendo la defenestrazione dell’alieno cavaliere, si troverebbero di colpo un’agguerrita Marianne piena di energia, una superquotona rosa che incede come un camionista, risponde tac au tac, e non ha mai pronunciato la parola “rating”. Che botta, ragassi!

La rottura dell’asse Culona-Nasone non sarebbe, come blaterano i catastrofeuropeisti un tanto al chilo, la distruzione dell’Europa: non può distruggersi una cosa che non c’è. Sarebbe invece una rifondazione sulla  base di un’intesa di popoli che mettano la loro identità e cultura al servizio di una causa comune, che abbiano un’economia a misura d’uomo, che siano protagonisti, non sudditi, persone, non pesci in un gelido ed impenetrabile acquario di cristallo.

Chi ha stabilito che gli  economisti debbano governare il mondo? Perché  dobbiamo trasformarci da cittadini liberi a schiavi d’un grande fratello che non si degna nemmeno di spiegarci dov’è la meta?

Non vi sembri argomento periferico rispetto alle nostre cose. Su questa specie di Costa Concordia ci siamo anche noi. E se vale il discorso “se fallisce la Grecia, falliamo pure noi” deve valere: “se cambiamo i comandanti non andiamo sugli scogli”. Avercela noi, una Marine…

Qualunquisti? Ebbene, fieri di esserlo.

Angela Piscitelli
Zona di frontiera, 19 Febbraio 2012


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