UN PAESE COL CAPPIO AL COLLO

Nel Mezzogiorno, in cui per molti decenni è stato sovrano lo Stato, da circa quindici anni è Sovrano il Commissario europeo rappresentato in loco dal suo vice, il Vicerè. Cosa c’entra la politica in tutto questo, in questa mangiatoia generale, in questo festino immondo, con tanti utilizzatori finali, autorizzati da leggi e direttive, nella più perfetta delle legalità. Cosa di grazia? Cosa il meridionale, le genti e le moltitudini del Sud? Queste sono in altri gironi, quelli dell’Inferno in cui si arrangiano.

Ad esso, come a tutto il paese peraltro, il Commissario, sette anni fa, fece un ultimo regalo, l’Euro garantito dal patto di stabilità. Nacque così un sovrano più sovrano del Commissario, il Banchiere Europeo. In un mondo ove tutte le monete ballano, più di tutte, quella sovrana, anche se, forse, ancora per poco, nel tentativo di trovare nuovi e più stabili equilibri mercantili e commerciali, dove si avverte sempre più la mancanza di una moneta così forte e riconosciuta da poter essere il perno di una Bretton Woods a questo livello, non di una parte del mondo ma di tutto il mondo, l’Europa ha deciso di stare eretta e stabile, senza inchinarsi, rivalutando all’inverosimile la sua moneta, scaricando tutte le sue contraddizioni sulle parti più deboli dell’Eurozona. Peccato che questa moneta, così forte, non gareggi per partecipare al pool che dovrebbe costituire il perno di un ipotetico sistema monetario futuro mondiale, al contrario di monete, come quella cinese e russa, che fanno a gara col dollaro nello svalutarsi.

L’Europa si vanta di essere manifatturiera, di non parlare l’inglese, vuole vivere sul mercato mondiale che gli accordi Cina-Usa, non lei, crearono, che sulla deregulation e i derivati si regge, anche se maluccio, campioni, rispettivamente, dei paesi emergenti che producono e risparmiano l’uno, dei paesi avanzati che consumano e s’indebitano l’altro, allargando così a dismisura, non senza pericoli, quel mercato mondiale su cui questa Europa campa perché non ha nessuna intenzione di allargare quello interno in omaggio alla stabilità e a sua Maestà l’Euro. Questa Europa vorrebbe imporre le sue regole draconiane, che strozzerebbero lei per prima, a chi tiene in mano le carte che contano e offre gli sbocchi alle sue merci! Nel frattempo ipervaluta la sua moneta e pretende di continuare ad esportare nel mentre cerca di proteggere i suoi mercati. A tutto ciò, a questa suprema volontà di potenza, aggiunge appeasement e chiacchiericcio sentimentale.

Siamo al vaniloquio, economico, politico e militare, col quale, però, si pretende che il Mezzogiorno d’Italia e i paesi rivieraschi del Mediterraneo vedano sì gli orizzonti che, improvvisamente, si aprono e spalancano avanti, dietro, e intorno, si pretende che curino i loro luoghi, ma, al contempo, s’impedisce loro di attrezzarsi per coprire le nuove distanze che, invitanti, li chiamano, promettendo ricchezze con cui possano prendersi cura di se stessi senza chiedere aiuto.

Tutto ciò perché un governo debole di una parte politica, convinta che gli italiani siano degli sregolati che non sappiano autodisciplinarsi, volle stabilizzarsi, non stabilizzare il paese, accettando un cambio sfavorevole e regole capestro, non perché altri ce le volessero imporre, anzi gli altri volevano tenerci fuori. Questa parte politica, con la solita abilità retorica, questa volta suonando il tasto dell’europeismo, credette di convincere gli italiani che, facendo altrimenti, avrebbero fatto la fine dell’Argentina. Questa parte politica ancora si chiede perché gli italiani siano stati così ingrati con lei, perché le hanno preferito dei “briganti”. Parlavano di un’Europa che non c’era più, in un mondo che non c’era più, così come Mazzini e Garibaldi parlavano di Roma e romani che non c’erano più, da tanto, tanto tempo, non della Roma che c’era, con tanto di Chiesa e di Papa. Parlavano e parlano, detta alla buona, del loro potere traballante da proteggere. Un campione della sinistra democristiana, cattolico “adulto”, chiese all’Europa in dono per sé questa polpetta avvelenata per gli italiani.

Invece l’Europa, purtroppo, è solo un’Unione doganale, anche se allargata e con una Germania unita, anzi, proprio in ragione di ciò, messa in pericolo addirittura nella libera concorrenza interna, con paesi più forti che hanno più risorse per proteggersi. Aggiungere a quest’Unione doganale una moneta unica stabile può essere valido, forse, per paesi che versano nelle stesse condizioni, ma non per chi è distante anni luce, per debito e squilibri interni, da essi, a meno che non si unifichi tutto, debito compreso.

In queste condizioni, con la moneta unica e la stabilità che si pretende, i paesi, a debito pubblico così alto come il nostro, debbono mantenere le tasse alte che avevano, se va bene, in realtà dovranno alzarle sempre di più perché non possono investire né in opere pubbliche, né, a sufficienza, nel privato. Non investendo non s’innova, non innovando non si aumenta la produttività, non aumentando questa non aumentano i salari, ma lavoro sempre più precario. Non aumentando i salari non aumentano i consumi privati e, così via, in una spirale perversa che non può, in queste condizioni, fermarsi. Un paese messo in queste condizioni è un paese cui mancheranno, e stanno mancando, aria e alimentazione, è un paese col cappio al collo, più tenta di muoversi più esso gli si stringe al collo.

Frammento tratto da “La Rotazione di Norfolk e la Questione Meridionale“, Giuseppe Corona
Guida Editori – ISBN: 9788860427359 – 1 luglio 2010

Giuseppe Corona
Zona di frontiera, 12 Luglio 2011


2 commenti a “UN PAESE COL CAPPIO AL COLLO”

  1. Giuseppe Corona says:

    Io devo ringraziare Enrico Seta per il valore che attribuisce al mio libro. Non è cosa di adesso, egli mi chiamò alla Camera come relatore a un convegno sul Mediterraneo, “per smuovere la morta gora”, come egli ebbe a dire, cosa che, per l’appunto, avvenne. Testimonio, quindi, che non si tratta di “piaggeria”, ma di immeritata stima per le mie cose. Io ritengo di avere esposto in questo libro cosa abbia da farsi, oggi, nelle più varie direzioni, la cosa attira attenzioni qualificate che, però, si attenuano, appena scorto il pericolo che implica il tentare di realizzarle. Ringrazio ancora Paolo e Zona di Frontiera per le occasioni che offre al mio esprimermi, spero che glie ne venga merito, se il mio dire vale qualcosa.


  2. Giuseppe Corona says:

    Speculare è un atteggiamento riflessivo che è alla base del pensare, è un altro modo di dire “contemplare”, il tentare di avere una visione preveggente e previdente. Lo speculatore questo fà, ossia si muove in base a valutazioni che anticipano il futuro non pretende di “prevedere il passato”, come si fa da noi. Evitare d farsi accecare da questa “caccia agli untori”, è roba della Spagna di Ignazio de Loyola, padre dell’Inquisizione, reazione che ha portato il cattolico all’inessenzialità quando, nella retta accezione, al cattolico tocca il Primato. Prima i Papa andavano a cavallo lancia in resta, figliavano e lanciavano i loro Valentino alla conquista dell’Italia, furono aristocratici grandi, senza i quali il Rinascimento sarebbe incomprensibile! Ci si informi, Grandi Peccatori! La Cappella Sistina, il Divino!


Lascia un commento