COME FINISCONO (O NON FINISCONO) LE IDEOLOGIE

Mi piacerebbe avere una cultura abbastanza solida da consentirmi di parlare con precisione delle origini del comunismo e del fascismo. Quando si ricorre alle scolastiche genealogie solitamente in uso – Platone, Catàri, Tommaso Campanella, etc. per il comunismo; corporazioni artigianali, Stato-Nazione, superomismo, difesa del capitale etc. per il fascismo -, si sente la mancanza di una componente «sociopsicologica», credo molto rilevante per i tempi moderni e contemporanei, che è poi quella che attualmente ha trasformato l’idelogia del comunismo in una mentalità inestirpabile da una gran parte dei cervelli. Invece, con la dovuta modestia, tento qui di attrarre l’attenzione del lettore su di un mistero ideologico che avvolge l’attuale declino (oppure la prolungata agonia? o addirittura la ancora occulta ripresa !?) delle due suddette teorie (ideologie prevalentemente economicistica l’una, politico-statuale l’altra), che si diffusero in epoche non troppo distanti tra di loro. Ad occhi liberali, furono esse due “eccessi” che la storia stessa, attraverso patimenti, tragedie, mostruose deformazioni quali il nazismo e lo stalinismo, ha poi eliminato «con l’aiuto di Dio», come suol dirsi.

La non eccessiva distanza cronologica della loro irruzione sul palcoscenico della storia, tra ‘800 e ‘900, sottolinea la circostanza che entrambe appaiono connesse col sorgere dell’industrialismo e con l’importanza conseguentemente acquisita dalle classi cosiddette «inferiori» (stop: si noti a questo punto che dire «classi inferiori» qui non ha niente di snobistico; forse faccio parte di tali classi anch’io, sebbene mi ribelli all’idea di portare le mie idee all’ammasso moltitudinario). Naturalmente questi rilievi, che nell’insieme appaiono esatti, sono approssimati come è destino siano tutti i rilievi sociologici: ad esempio, tutti noi conosciamo ricchi borghesi ed aristocratici che sono o furono fascisti o comunisti, Queste molte eccezioni non tolgono tuttavia il fatto che fascismo e comunismo risposero, come invero subito si percepì rispondessero, a carenze vuoi economiche vuoi di «peso» sociale. Pertanto riguardarono in primis la piccola borghesia e la plebe: appunto le due classi (oppure «strati»?) carenti di benessere e di status. (E’ importante notare che piccola borghesia e plebe, tra l’altro, sono le due nuove classi prodotte dall’industrialismo!). Le principali «carenze» che possono tormentare il genere umano sono sempre le medesime due: carenza di pane, la quale provoca fame, e carenza di pennacchio sociale, la quale già ai tempi di Nietzsche provocava il famoso stato d’animo degli inferiori, il risentimento.

Comunque sia di ciò, alcuni caratteri differenziali saltano agli occhi; nel DNA del Fascismo (che non è affatto da confondere, come talora interessatamente si fa, col Nazismo) è assente la tendenza all’assassinio di massa, invece ben presente nel Comunismo (stalinista e non). In effetti, fu solo dopo il cedimento ad Hitler che il fascismo si trovo’ costretto ad accettare l’orrore delle ecatombi programmate. Il Franchismo, ad esempio, che poté o seppe dire di no, resto’ esente.
Cio’ che qui anche tento di ricordare è una circostanza ben nota agli storici di professione: il lato nero del Fascismo fu generato dal lato nero del suo fondatore: il carattere di Mussolini, che fu un debole camuffato da reboante Matamoros. Donde uno squallido vuoto etico, o meglio eticopolitico, aggravato dalla mancanza di buon gusto. Erra chi crede che quest’ultima carenza sia veniale. Invece di occuparsi di cose serie e «forti», Mussolini indulse ad ogni sorta di scemenza: dagli «alalà» dei «balilla» ai salti nel cerchio di fuoco di Starace, in un campionario senza fine di stolide vuotaggini. A parte cio’, è il caso di ribadire: Fascismo e Comunismo furono ideologie adottate prevalentemente dalle masse, non dalle élites culturali.

Ciò detto, quel che invece, alla prima, non sembra facile spiegarsi è l’andamento nettamente differenziato dei loro rispettivi declini. Nessuno negherà che il prosciugamento delle Paludi Pontine, l’apertura del Borgo Pio (anche se esiziale dal punto di vista estetico!), le stolide sfilate delle «giovani Italiane», non sono crimini paragonabili alla carnevalata della «congiura dei medici » e relative uccisioni, agli sterminî dei kulaki o dei trotzkisti, etc. Eppure oggi, a distanza di 60 anni dalla fine della seconda Guerra Mondiale, ci si può allegramente dichiarare «comunisti», suscitando anche, tra menomati mentali, una certa mistica ammirazione; mentre dichiararsi «fascisti» equivarrebbe a scatenare contro di sé un putiferio di indignate proteste, magari… con tentativo di eliminazione violenta.

Perché questa molto forte, snobistica dissimmetria? Possibile che prosciugare le Paludi Pontine o lasciar sfilare i Balilla a suon di tamburo siano cose tanto più imperdonabili ed ineleganti che eliminare 200 e più milioni di esseri umani tra il 1939 e il 1965?

Io credo di avere a portata di mano una buona risposta. Comunismo e fascismo, entrambi ideologie adatte ai piani bassi della società, si distinguono tuttavia per una discriminante decisiva: l’assenza nell’uno, la presenza nell’altro, di «valori» o, almeno, di loro caricature. La teoria comunista implicitamente, talora esplicitamente, afferma che i «valori» sono non altro che «oppio dei popoli», simulacri di bersagli etici messi innanzi al naso degli affamati per ingannarli meglio. Il Fascismo, invece, di «falsi» valori e ideali rigurgita: fedeltà alla Patria, redenzione di popoli ancora barbari, immissione di sangue nuovo e forte (!) nelle striminzite plutocrazie, e simili. Intendiamoci, la Patria, la fedeltà all’onore, alla verità, alla famiglia, all’amicizia, non sono affatto castronerie -, ma lo diventano se usate per scopi bislacchi. Se si aggiunge poi l’intenzione, ad esempio, di «promettere a Faccetta Nera che presto sarà Italiana» etc., è facile immaginare quanto importerebbe tutto questo all’odierno common man.

A questo punto il panorama d’insieme sembrerebbe farsi chiaro. Il Fascismo è una ideologia che rigurgita di «bersagli» da conseguire a colpi di grancassa e magari di cannone… Il comunismo invece, oggi trasformato in «pensiero di sinistra», espone e predica solo «il» modo regio di strappare ai ricchi il malloppo. E’ dunque il pensiero di sinistra, ovviamente, l’ideologia che sta al cervello dell’uomo d’oggi come il guanto sta alla mano. E’ esso l’ideologia endemica, definitiva, permanente dell’uomo nuovo. Qui è lo stesso 4° Stato che parla, insieme al 5°, al 6°, e chi più «stati» ha più ne metta. Provate a farli tacere, se siete capaci!

Dite che gli ideali e i doveri proposti dal Fascismo sono di cartapesta? Ancor meglio. In ogni caso e come che sia, il Fascismo vorrebbe ancora romperci le scatole con gli ideali e i doveri…, beh, vada a farsi friggere. E infatti ci è andato.
Di ideali, falsi o veri che siano, oggi nessuno vuol più sentir parlare.

 

Leonardo Cammarano, 11 aprile 2011

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Leonardo Cammarano
Zona di frontiera, 12 Aprile 2011


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