IL LUPO E LA PECORA

L’honneur dans les combats appelle les François,
Marchons, volons au camp, cédons à ses attraits;
Pour couronner nos fronts, des lauriers sont tout prêts,
Dans les combats, ils sont pour les François.

Nonostante il batostone e doppio delle cantonali, tutta la stampa francese è schierata con Sarkò a cantare a squarciagola inni patriottici. Inutile spulciare i motori di ricerca: ad eccezione di siti più o meno interdetti dei lepenisti e di estrema destra, non troverete una, una sola parola di dissenso sull’Odissea all’alba del novello Ulisse. Men che mai traccia delle italiche e giuste rimostranze. Figurarsi!, per loro tutti gli altri, quando si fa sul serio, sono pulci che starnutiscono.

I Francesi sono fatti così, inutile brontolare. È la loro forza. Il Presidente ha sempre ragione fin quando è Presidente. Magari non sarà rieletto, re Nicolas, ma finché sarà lì sarà lui la Patria, lui la stampa, lui il mio vicino di casa, senza se e senza ma. Ed anche per quelli che non furono troppo amati da presidenti, c’è sempre, alla fine del loro mandato, un rispetto a vita ed un affetto costante, solo per il fatto che, nel bene e nel male, hanno incarnato la Francia.

Il senso della Patria non è, come si interpreta da noi, una bandiera da sventolare alle partite di calcio, oppure una prolusione barocca recitata a reti unificate cui non seguono fatti conseguenziali: è la famiglia, i cui interessi vanno difesi con ogni mezzo. Ed il codice di comportamento civico, è ben presente nella coscienza di ciascuno. È per questo che qui non si scandalizzano per nulla se il capo rimuove il direttore di una rete, se si avvia a far la guerra a un tale dopo aver cercato con ogni mezzo di rifilargli armamenti di ogni genere, se si accoppia con una signora straniera con la chitarra o se il piemme dipende dal governo.
Oneri ed onori dell’istituzione, appartengono emotivamente a tutti i cittadini.

L’Odissea libica potrebbe, se non fossimo proprio troppo sordi, insegnarci qualcosa. Perché se siamo stati trascinati in questa faccenda senza discutere modalità, vantaggi, opportunità e scadenze è perché, non avendo spirito di corpo, né istituzioni forti e munite di poteri reali, ci siamo fatti “infinocchiare” dal Bordeaux, senza aver modo di tirar fuori il nostro Barolo.

In un mondo ipocrita, dove universalmente si è deciso che le guerre debbano chiamarsi operazioni umanitarie, noi a cincischiar sulla difesa ad oltranza di una vecchia costituzione, e ad indebolire costantemente chi ci rappresenta, ci esponiamo a pericoli gravissimi. Credete voi che il buon Sarkonasone potrebbe farci ballare come ci sta facendo ballare se avesse avuto una Francia spernacchiante, ciarliera sui gusti sessuali e sui copricapi, una giustizia alle calcagna e una schiera di Santorò, Scalfarì, Savianò, a tiralo per i piedi? E ancora: il Capo delle forze armate da noi è il Presidente della Repubblica, carica simbolica, ma non troppo, rappresentativa ma non troppo, operativa quasi nulla. In caso di emergenza, cosa accadrebbe?

Lo abbiamo sentito Napolitano a dire “non siamo in guerra”. Il ministro La Russa a dire “possiamo anche sparare” ed il Cav mandato nella ville Lumière senza essere per nulla informato su cosa andava a fare. Ed ora tutti a fabbricar “pezze a colori” (tricolori?) per cercare di uscire da questo pasticciaccio senza troppi danni.

Allora, ai Costituzionalisti innamorati di vecchie carte, ai linguisti che c’impongono ogni sorta di eufemismo surreale, proponiamo, se proprio non si vuole riformare la repubblica, si cambi almeno il famigerato articolo in cui è detto: “L’Italia ripudia la guerra”. La parola “guerra” è stata sostituita, non esiste più, il complemento oggetto è senza significato. E non potendo scrivere: “L’Italia ripudia l’intervento umanitario”, aggiungasi, in tutta fretta la seguente frase: “chi pecora si fa, il lupo se lo mangia”.

 

Angela Piscitelli, 22 marzo 2011

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Angela Piscitelli
Zona di frontiera, 22 Marzo 2011


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