GHEDDAFI VA DISTURBATO MA IL PROBLEMA ENERGETICO RESTA

“Non voglio disturbare”. Questo il commento del nostro premier, sollecitato – dai fatti innanzitutto – ad intervenire su Muammar Gheddafi. Un commento senza dubbio poco felice, come possono essere considerate molte altre uscite del premier. Soprattutto mentre in Libia è in corso una vera e propria guerra civile e i rivoltosi vengono repressi dal dittatore libico nel sangue.

Si parla di circa 400 morti, ma qualcuno sostiene ve ne siano anche di più. Una situazione preoccupante, quella della Libia in fiamme, della quale a fare le spese sarà innanzitutto il nostro paese, e non solo per l’imminente riversarsi di migliaia di profughi sulle nostre coste.

La politica di Berlusconi verso la Libia di Gheddafi la conosciamo tutti, ma i media tendono a dimenticare che, sia pure senza l’elemento di folclore berlusconiano (le tende a Villa Pamphili, i cammelli e il resto), i governi di centrosinistra ebbero anche essi relazioni strettissime con il leader libico.

Si pensi a Massimo D’Alema che addirittura si vantava in giro di aver saputo proprio dal suo amico libico che gli americani in illo tempore ebbero a finanziare Al Qaeda. Sempre il buon Max, poi, ebbe a sostenere – all’epoca era numero uno della Farnesina – che la Libia del colonnello Gheddafi era “fortemente impegnata nella battaglia contro il fondamentalismo islamico.”

Ora, il problema vero, a noi, sembra un altro: la dipendenza del nostro paese dal petrolio libico, senz’altro alimentata da scelte in campo energetico a dir poco nefaste.

Vale la pena ricordare che il 77,5% dell’energia impiegata in Italia viene prodotta da idrocarburi. Questi ultimi, per il 90% sono importati da un pugno di paesi, quasi sempre con regimi autarchici. Dalla Russia, infatti, proviene il 30% del gas e il 15% del petrolio, mentre proprio dalla Libia di Gheddafi arriva il 12,8% del gas e il 28,5% del petrolio; infine, dall’Algeria il 33,8% del gas, dall’Iran il 7,3% del petrolio…

Su questo nessuno riflette, ci si ferma come al solito alla superficie, non ponendosi il problema della nostra tremenda sete di energia. Facile scadere così, dalla giusta, sacrosanta critica a certi regimi, nel moralismo astratto.

Nel 1987, il nostro paese si mise alle spalle il nucleare con un referendum votato perlopiù sull’onda dell’emotività: era da poco accaduto il disastro di Chernobyl (vale a dire l’unico sinistro, relativamente al nucleare , che ha provocato vittime).

Anche alla luce di quanto sta accadendo in nord Africa, nel Mediterraneo, il nucleare torna ad essere un’opzione economicamente preferibile per il futuro.

In questo contesto, inveire contro Berlusconi si può, è legittimo, specie di fronte a prese di posizione non nette, esitanti, ma senz’altro comprensibili; occorre prendersela però anche con chi 24 anni fa’ decise di negare all’Italia una possibilità di maggiore indipendenza, facendo di essa l’unico paese industrializzato senza energia nucleare.

Mario Colella
Zona di frontiera, 22 Febbraio 2011


Lascia un commento