Patria, conigli e asini

Quali che siano le ragioni di un’opposizione contro una maggioranza, in politica estera e su questioni tanto delicate d’interesse e sicurezza nazionale lo spirito di nazione imporrebbe un’attitudine unitaria.

Passata di soppiatto sulla stampa compiacente la storia dell’approvazione della doppia mozione di ieri sembra non avere indignato nessuno. Per non parlare dei soliti scribacchionzoli che si compiacciono di vergare frasi del tipo: “hi hi, la maggioranza ha rischiato di andar sotto con la mozione sulla Libia”, come se la questione riguardasse mica l’Italia, ma giusto il Cav e qualche sparuto pidiellino. Eh, va be’. Si dirà, perché cercare il pel nell’ovo, l’importante è il risultato…

E invece no.

Noi che siam soliti additare con divertimento i tronfi professionisti dell’indignazione a piripacchio, e pertanto non sospetti dell’italico contagio dell’indignazionite cronica, questa volta, ebbene, sì!, siamo indignati. Perché questi irresponsabili (ieri internazionalisti rossi ed oggi convinti talebanisti) pur di tirare giù il Governo dalle sedie non esitano manco un minuto ad indebolire l’Italia con un voto parlamentare che farà ridere tutti i polli globali mettendoci, andando per metafore veterinarie, a cavallo di un porco. Sono naturalmente gli stessi che si sono mostrati in prima fila nel dì di festa a blaterare sull’Unità d’Italia, a tagliar nastri, a lacrimare sul Nabucco e dintorni.

Unità d’Italia? Sorge il fondato sospetto che non si tratti del problema del Mezzogiorno. Quello è l’effetto, non la causa dell’egemonia di una certa resistenza (quella santificata, perché la liberale è stata del tutto sbattuta fuori dalla memoria a calci rossi) che ha trovato nel debole sud il terreno fertile per far crescere un califfato incolto, assistenziale , ideologizzato, e privo di iniziativa. E il saccheggio della memoria storica è uno dei metodi più efficaci per ridurre un popolo all’impotenza.

Con una mano agitano il tricolore e con l’altra ci gettano sopra secchiate di letame parlamentare. Sempre in tema di patriottismo all’incontrario, preme sottolineare il commento di Gianfranco Fini in assetto carica istituzionale, che all’indecente vaniloquio di Di Pietro si è fatto un dovere di dire, che sulla forma magari no, ma sull’alto concetto espresso: “conigli”, non dissentiva. Anzi. Conciossiacosacchè abbiamo dovuto anche ascoltare il Presidente della Camera che da del coniglio al Presidente del consiglio ed al ministro degli esteri, anche se per interposta persona.

Si ha un bel ridere di Sarko ma: beati i Presidenti che hanno un’intera nazione dietro di loro. E beati i cittadini che godono di statuti e consuetudini politiche che bandiscono recisamente i traditori della Patria. E noi, che cosa abbiamo, noi? Abbiamo quattro o cinque puntate di una trasmissione televisiva con Vespa e Baudo in tight per par condicio, con qualche canzone strappalacrime per emigranti, due sciantose, due storici, sempre per par condicio, le tette (che essendo tette, sono due) della Loren e la Ferrari. E ci sembra normale pure avere due mozioni sulla guerra in Libia. Non una parola di apprezzamento per l’impegno personale, la fatica, e l’amarezza con la quale Berlusconi ed il suo governo stanno conducendo una vicenda scottante, irragionevole e pericolosa. Non un soffio di obiettività in questo mare appiccicoso di partigianeria selvaggia.

Questa non è dialettica politica. Questo è strisciante, cinquantennale sabotaggio alla Patria e alle istituzioni della nostra Repubblica. E noi, questa volta, ci indignamo. Si può fare opposizione, ma non è lecito sabotare la Patria. Ci sarà, da qualche parte in questa benedetta Costituzione, un articoletto, una frasina, un commetto che si possa interpretare con un bel: “fuori dall’arco costituzionale chi lavora per il re di Prussia?” No? E allora bisogna cambiarla, e di corsa. Si raccolgano le firme per una proposta di legge ad iniziativa popolare. Subito.

 

Angela Piscitelli, 25 marzo 2011

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