PARTITO INFELTRITO

Mai come oggi ai piani alti del Pdl non sanno che pesci prendere per cercare di risollevare un calo di consensi vertiginoso.

L’on. Cicchitto si affanna disperatamente ad inseguire un Casini finalmente soddisfatto perché tutti gli tirano la giacchetta, ma è curioso insegua così pervicacemente un partito che rischia di non entrare nemmeno in Parlamento. Contemporaneamente continuano, seppur più freddi, i corteggiamenti alla Lega. Anche riuscisse la strategia delle strane alleanze, ne uscirebbe una ben curiosa accozzaglia: una unione di zoppi, che si sostengono vicendevolmente per tentare di arrancare ad una poltrona per poi, una volta ottenuta, marciare in ordine sparso. Perché questo è il mediocre obiettivo, essendo ben consci di non avere alcuna possibilità di vittoria.

Le primarie, per come sono state congegnate – male e fuori tempo -, serviranno solo da sondaggio e saranno un disastro. Tanto valeva fare un congresso, sarebbe stato più onesto e non si sentiva di certo la mancanza di un dinosaurì.

La frase di Schifani (uno che parla poco, per fortuna), “fare la riforma elettorale, altrimenti Grillo va all’80%”, è indicativa di come questa classe dirigente consideri la politica: non per il Paese, ma quale strumento da usare contro l’avversario. Il premio di maggioranza al 42% ne è un altro chiarissimo, vergognoso esempio. Ma è proprio così facendo che gonfiano le vele di Grillo.

Nel popolo di centro-destra, quello che Cicchitto non conosce, lo sbandamento è evidente e prevalgono tre diverse polarizzazioni.

La prima è quella adagiata sulla linea Alfano-Cicchitto e ritiene necessario unificare le forze moderate per cercare di arginare la sinistra, ma è una posizione minoritaria: la gioiosa Trabant di Occhetto non c’è più da tempo e lo spauracchio delle sinistre al potere si è consunto come un film dell’orrore con Bela Lugosi, che guardato oggi non fa più paura a nessuno. È inoltre una strategia controproducente, che la maggior parte dell’elettorato d’area non riuscirebbe a digerire perché vede proprio nei Casini fuori e nei tanti Pisanu dentro, la causa principe dell’immobilismo del governo Berlusconi e di tutte le più grosse mazzate ricevute.

Il secondo blocco di elettori, quello più numeroso, in realtà è composto da ex-elettori in quanto sono talmente schifati dagli avvenimenti degli ultimi anni che sarà molto difficile riportarli alle urne.

Il terzo gruppo diventa ogni giorno più numeroso e si sovrappone al secondo. Vittorio Feltri ne è buon interprete quando afferma “speriamo Grillo vinca così da far sparire questa classe dirigente indegna”. Nella maggior parte dei casi questi ex-pidilellini concludono la frase con “…anche se io non lo voterò mai”. È un ragionamento pilatesco e contraddittorio sotto il profilo logico: o si sceglie di non andare a votare (ma poi non si protesta) oppure – se si crede irriformabile il sistema al punto da doverlo abbattere e che l’unico in grado di farlo sia Grillo – lo si vota.

Questo pensiero troverà inevitabilmente il suo coraggio d’essere, vincendo almeno in parte l’astensione, perché contiene al suo interno una componente irresistibile: quella punitiva-vendicativa. Se a tutto ciò si sommeranno anche dei risultati positivi di Grillo nelle importanti consultazioni regionali che ci separano da quelle politiche, l’M5S arriverà in Parlamento come uno tsunami, spazzando tutto.

Cosa può fare il Pdl per sopravvivere? Smettere di occuparsi di fantomatiche alleanze, di appoggiare leggi-truffa a difesa della parrocchietta e rifondarsi per selezionare una classe politica sana, veramente convinta negli obiettivi che sono sempre stati la bandiera – ahimè solo la bandiera – di questo partito: presidenzialismo, riforma della giustizia, abbattimento del bicameralismo perfetto, riduzione dei parlamentari, abolizione delle provincie, riduzione dei costi dello stato e delle imposte, ecc. E dovrebbe porre questi obiettivi prima e sopra qualsiasi alleanza, anche a costo di rinunciare a governare. Ovvero l’esatto contrario di quanto fatto fin’ora.

La traversata del deserto bisognerà comunque affrontarla, almeno serva per girare la barra sulla giusta rotta, quella tante volte annunciata e mai seguita. Non le idee erano sbagliate, ma gli uomini.

Paolo Visnoviz
Zona di frontiera, 11 Novembre 2012


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