SE NON ARTE, ALMENO RELIGIONE

Penso che tutti coloro ai quali stanno a cuore le sorti della nostra povera Italia abbiano avvertito nella terribile sciagura del Costa Concordia qualcosa come un avvertimento. Un avvertimento che sa anche di previsto. Si sente che è accaduto proprio cio’ che doveva accadere. Nelle vicende di persone e di popoli sono identificabili «linee» che, ad un certo punto, tendono ad incrociarsi ed a generare il peggio (meno spesso, purtroppo, il meglio).

Cio’ è vero anche «a rovescio», ovvero risalendo dagli effetti alle cause: solo in Italia poteva accadere cio’ che è accaduto all’Isola del Giglio. Ci volevano non solo i varî «famigerati ventenni», fascisti, democristiani, democomunisti etc. (da che cosa, se non dal nostro passato, scaturiscono il nostro presente, le sue tare e le sue eventuali glorie?), ma anche i periodi più recenti di «assestamento» e di «amplificazione» dei nostri vizi, ribaditi prima dalla televisione (e questa è una delle tare cui ha contribuito il berlusconismo) e poi da quell’enorme miracolo/sciagura collettiva che va rivelandosi Internet. La famosa «legge di Gresham», risultata inefficace per spiegare le oscillazioni monetarie, oggi va mostrandosi adatta per interpretare il generale disastro dell’informazione: prevale il peggio.

Ma siamo uomini, bisogna… rassegnarsi. E, in questa prospettiva, tutto va bene, meno che la laudatio temporis acti. Il passato deve servirci, certo, ma come archivio, e memoria, delle nostre trascorse glorie, se ce ne sono: e poi, se esso è una indispensabile palestra della nostalgia, deve esserlo anche dell’abominazione. Il luogo dove ritroviamo i nostri valori e le utili «dritte» del nostro futuro, ma anche i nostri terribili vizi.

Nessun regime, tuttavia, è adatto quanto la nostra attuale democrazia… «afflosciata» per espellere dalla coscienza collettiva i sentimenti di responsabilità, di obbligo «etico», diro’ persino di eleganza (perché comportarsi da uomini è elegante). Avvelenati dalle quotidiane razioni di «sbracatura» collettiva, queste verità semplici le abbiamo smarrite. In questo senso per lo meno singolare De Falco è davvero un eroe: perché è riuscito a conservarsi normale, presentabile, in un mondo simile. Che fatica! V’è un solo modo di conservarsi un fisico efficiente: fare quotidianamente ginnastica; e ve n’è uno solo per conservarsi un animo generoso: fare quotidianamente ginnastica di generosità.

Senonché questa «frittata» dell’Isola del Giglio ha un risvolto. Diceva Goethe (lo cito semplificando): «chi non ha arte, abbia almeno religione». E noi, infatti, se non abbiamo l’arte della responsabilità, del senso etico, dell’eleganza morale, abbiamo «almeno» la religione della simpatia umana, della pietà. Nella religione del Tao, la virtu’ dell’umanità passa avanti persino a quella della giustizia; e Turghenev confessava: «Noi Russi non siamo uomini di giustizia: siamo uomini di umanità». Aggiungete a queste caratteristiche asiatiche una buona dose di cattolicismo popolare – peccare sí, ma poi confessarsi -, e, nel bene e nel male, avrete il nostro carattere italiano.

Uno scafo di trecento metri, carico di quattromila anime e di un mare di kerosene, poteva colare a picco ovunque. Ma da noi ha potuto farlo circondandosi di una incredibile nebbia di mistero. Alla lettera: di cauto mistero. E intanto, solo da noi un’intera popolazione, quella del Giglio, poteva mostrarsi cosi’ generosa e fraterna coi i naufragati. E’ la solita storia italiana: il «cuore» ha sostituito e vicariato la norma civile, le severe regole. Il resto è mistero. I fatti italiani sono nuvole di mistero dalle quali fuoriescono, con deflagrazioni subitanee, razzi e scintille sia di ignominia che di inaspettata umanità.

Ma quanti misteri! Il capitano, s’è saputo iersera, disse subito al corrispondente della «Costa»: «ho fatto un guaio, ho battuto sul fondo». Poi, un diluvio, un materasso di bugie contraddicentisi tra di loro. Lo scoglio non era segnalato sulle mappe. Lui ha provveduto a invertire la rotta per insabbiare il natante. Ma le catene delle ancore pendono in verticale. Tuttavia, se tentava di insabbiare, non è immediatamente logico pensare che «sapeva» da subito, o no? Ma poi, ecco che se ne stava a tavola, con una donna. Forse «per far finta di non sapere ancora»? E come, una donna? Una donna che non doveva essere a bordo? (Solo in Italia gli speaker della TV a questo punto possono fare, in piena tragedia, un sorrisetto di comprensione e una strizzatina d’occhio…). Ma le liste degli imbarcati c’erano, ci sono, e sono precise? Perché tante presenze miseriose? C’era per caso gente che trafficava in qualcosa di segreto? O gente che non doveva sapere?

C’è del marcio in Danimarca; ma in Italia, diciamo, c’è del marcio molle. Marcio che puo’ essere plasmato come creta. Io molti anni fa ebbi un conoscente, persona “abbastanza” per bene, che approfitto’ del feretro d’un suo parente morto all’estero per portare a casa, insieme alla salma, formaggi, salumi e vini che i dazi doganali avrebbe reso troppo costoso importare. E un altro conoscente, notaio per la precisione, dopo un incidente d’auto in cui perse la vita suo padre, lego’ il medesimo sul seggiolino e gli abbasso’ la tesa del cappello, per nascondere agli agenti stradali il fatto che “c’era scappato il morto” (cosa che sarebbe risultata… una costosa complicazione), e mostruosamente ci riusci’. Poi ci si chiede come mai noi Italioti cadiamo sempre in piedi. Io stesso una volta, in Austria, persi il cerificato di smarrimento della mia patente di guida e, per salvarmi, al severo agente stradale che mi intimava di presentargliela esibii una analisi delle urine che per caso m’era rimasta nel cruscotto. Col risultato che mi meritai un sorriso, un saluto militare e un compiaciuto «Jawohl!» di buon viaggio. Ed eccomi qui incolume.

A me, per la verità, Schettino non sembra né troppo vile, né troppo ingenuo. Sembra piuttosto, ed è, un Italiano medio. Certo, onore non ne ha. E nemmeno decenza: ti piegheresti tu all’uso idiota di «far fare l’inchino» ad un colosso galleggiante? O sbruffoneggiava per far piacere alla dama? E poi, lui sembra anche (cosa che, se è, è triste) un uomo che non seppe cosa fare, ed ora non sa che cosa dire, perché fin da subito comprese che ogni sua mossa verso «la verità» (non la grande verità filosofica o il teorema di Euclide, ma la piccola verità di come qualmente le cose andarono) poteva perderlo. Qualcuno prima o poi avrebbe preteso – anzi, forse già pretese fin da subito – che cosa egli doveva dire e non dire? Dire e non dire quel che sarebbe stato utile o non utile a qualcuno della baracca, per esempio? Peggio: forse nessuno si prese la briga né di ordinargli di fare o dire certe cose, né di imporgli di tacerne altre; perché forse lui, da buon Italiano, sapeva come gira da noi il mondo e diceva i fatti a metà, temporeggiava aspettandosi il peggio e naturalmente sperando il meno peggio se non addirittura il meglio… Bisogna «regolarsi», come si dice…

Sinceramente: proprio in questo ipotizzabile bizantinissimo groviglio di mezze responsabilità, mezzo taciute e mezzo dette, sta l’ipotesi più esplicativa dello stranissimo comportamento di Schettino.

Ma se è cosi’, come sembra che sia, allora il clima moralmente vergognoso che ingenera questo tipo di incertezze psicologiche, e le perdite di chiarezza etica, è ben noto ed ha un nome ben preciso: si chiama burocratismo, eccesso di burocrazia, affastellamento storicamente stratificato di norme burocratiche atte a rendere opinabile e modificabile ogni punto della nostra capacità di comportamento. Si dice a Napoli «‘Mbruoglio, aiùtame!».

E questo sospetto, questa tristissima diagnosi, sono corroborati anche da un’altra nota, tipica nella vita pubblica italiana: quando le cose si mettono troppomale, ecco che il burocratismo e le sue astute cricche fanno istantaneamente marcia indietro. Di colpo. Di colpo si diventa rigoristi; al gioviale e simpatico cattolicesimo morale subentra bruscamente il più glaciale, gotico e calvinista dei protestantesimi…, e ora chi capita nel tritacarne puo’ salutare per sempre amici e parenti. E’ fritto. La «società» (chiamiamo cosi’, alla faccia di Giacomo Leopardi che negava da noi ce ne fosse una, quell’insieme di individui che costituiscono l’Italia) si rende bruscamente conto, a sua volta, che a forza di carabole e rimpalli si puo’ finire nella buca del boccino… Da noi, dico, si diventa severissimi puristi…, ma solo quando all’orizzonte il pericolo da «generico», anzi generale, minaccia di farsi concretamente personale.

Mi consento un’osservazione finale. Preceduta da un chiarimento: poiché vado convincendomi che la sognata via liberale qui in Italia o non è addirittura adottabile, o forse è occasione passata, o forse ancora è presto per imboccarla, io ho deciso di essere un liberale appassionato sí, ma silenzioso e in paziente attesa. Di Berlusconi ad esempio, che ancora considero adattissimo all’ora politica che volge, non mi sogno di parlare più. Tranne in qualche caso, come il seguente.

Il Costa Concordia è un insieme di quattromila e passa anime. Le aziende Mediaset quindi, diciamo, sono «masse in equilibrio» che galleggiano con una mole molto più grande.

Il burocratismo affonderà una seconda volta il Concordia. Ma con una trentina di processi, e varie migliaia di bugie e truffe tribunalizie, non è riuscito né a debellare, e neppure a scalfire, la mole Mediaset. Questo è un vero miracolo. In Italia, dove chi vuole puo’ mandare in galere chiunque; è un decuplicato stramiracolo.

Un miracolo che, rovesciato, autorizza a dichiarare: è (era) proprio il sistema Berlusconi quello adatto a resistere e forse, alla lunga, a sgominare il burocratismo italiano; era esso il sistema adatto a guidare il transatlantico-baracca Italia verso un… radioso futuro.

«Radioso» non so; ma futuro sí; e non, ancora una volta, un ristagno nel presente. Perché è proprio il ristagno nel presente cio’ che occorre ai burocrati, alla faccia dei crocieristi, dei tassisti e dei farmacisti.


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