CRISTIANESIMO O CRISTIANISMO?

Il profilo del terrorista norvegese Anders Behring Breivik tracciato dai media in queste ore lascia di stucco. In un primo momento, la stampa ha evidenziato trattarsi di un fanatico religioso, un “fondamentalista cristiano”, quasi a voler rimediare al risalto con cui il giorno prima era stata data la falsa notizia dell’attribuzione degli attentati a terroristi islamici.

In seconda battuta, è venuto fuori che Breivik è, sì, un cristiano, anzi un “cristianista”, ma anche massone. Per la precisione appartenente alla loggia massonica Sǿilene, una delle logge di San Giovanni di Oslo. Ora tutti sanno della inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria, ma non è questo il punto.

Nel documento di 1500 pagine pubblicato in rete dall’uomo poche ore prima del massacro ed ora al vaglio degli inquirenti si rinviene una «Dichiarazione di indipendenza dell’Europa» in cui illustra il suo odio per «la cultura marxista», secondo Breivik una delle grandi piaghe del continente; l’uomo si definisce «celibe, cristiano, conservatore e anti-islamico» e, sebbene dichiari di detestare Hitler e i nazisti e di volere una società in cui siano garantite libertà per gli omosessuali e le minoranze, si reputa, un «cacciatore di marxisti».

Ma, e qui viene il bello, il biondo trentaduenne ritiene ancora più pericoloso del marxismo l’attuale cattolicesimo. All’ossessione antimusulmana sembra far da contraltare un vero e proprio odio verso il Papa. Rifacendosi al blogger norvegese Fjordman, ritenuto «il vero padre spirituale del terrorista», sostiene che dopo il Medioevo il cristianesimo – i cui unici aspetti positivi sarebbero stati di origine pagana – è diventato per l’Europa «una minaccia peggiore del marxismo».

Come si concilia tutto ciò col dichiararsi cristiano e col perorare la causa di una sorta di cristianesimo nordico, antimediterraneo, che poco però ha a che fare anche coi fondamentalismi nati all’interno del mondo protestante (che come noto è ostile agli ambienti massoni)?

Breivik si considera, a ben vedere, più che un cristiano un “cristiano culturale”, nel senso che non si pone il problema dell’esistenza di Dio e di Cristo e si serve della cultura cristiana come di un fatto solo identitario, un’arma contro l’Islam. Siamo di fronte, cioè, ad una fede senza divinità, sempre la si possa definire ancora fede.
Poco si è riflettuto in questi anni sul fenomeno del “cristianismo”, vale a dire – cito per pigrizia da “Wikipedia” – “la posizione di alcuni intellettuali che ritengono indispensabile per la salvaguardia dei principi politici di libertà e democrazia della civiltà occidentale la tutela della tradizione cristiana, a prescindere dalla propria eventuale fede cristiana”.

Ovviamente non si vuole qui mettere all’indice tutti i cristianisti, gli “atei devoti”, gli intellettuali che sia pure senza una fede percepiscono più di tanti cattolici i guasti di una società in preda al relativismo, ma evidenziare quello che è un pericolo – con Breivik più di un pericolo – si.

Se la fede è usata come un mero strumento contro il nemico di turno (il Corano, i marxisti), se essa viene ridotta ad arma, secondo un malinteso machiavellismo, diviene un’ideologia come le altre, e il rischio che – come ogni ideologia – alimenti settarismi e si ponga alla base di programmi terroristici c’è tutto.

Come ben esplicato da don Giussani, il sacerdote e teologo di Desio che ha sempre combattuto la riduzione della cristianità a fatto culturale, etico, perfino teologico, il Cristianesimo è un fatto, è l’incontro con Cristo, esso non è un’ideologia, un sistema, una morale, non è neanche “un impulso etico, morale, se non come fenomeno, come fatto secondario.” Esso è “presenza significa un avvenimento che è presente, un avvenimento con cui ci si scontra, che si vede: bisogna trovarlo e imbattersi in esso, entrare dentro di esso.”

E, come ha evidenziato un autore americano, Christopher Lasch, la cultura può dipendere dalla religione ma essa non ha significato se la si considera solo come il puntello della cultura. “Non bisogna chiedersi se la religione sia necessaria ma se essa sia vera” (C. Lasch, “La ribellione delle élite. Il tradimento della democrazia”).

Mario Colella
Zona di frontiera, 25 Luglio 2011


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