SGARBI, CI PORTI LA SUA MAFIA

Conosci tu il paese dove i limoni fioriscono,  nel verde dei fogliami fulgon le arance d’oro? (Johann Wolfgang von Goethe)

Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore… fecemi la divina potestate la somma sapienza e il primo amore… dinanzi a me non fuor cose create se non etterne… e io etterno duro… lasciate ogni speranza voi ch’entrate (Dante Alighieri)

Salemi fu la prima capitale d’Italia. Fu proprio Giuseppe Garibaldi a issare sulla torre svevo-normanna del Castello la bandiera tricolore sancendo la nascita della nazione.

Con il coraggio e l’incoscienza che lo contraddistingue Vittorio Sgarbi qualche anno fa volle essere candidato sindaco per avviare, proprio da quella città-simbolo, una rivoluzione amministrativa all’insegna della cultura. Vinse. E salemi fu su tutti i giornali del mondo per la riqualificazione del centro storico: case ad un euro, per chi volesse e potesse ristrutturarle e farle tornare a vivere. Sempre da Salemi fece appello a giovani laureati perché lavorassero con lui e si formassero ai mestieri dell’arte. Poi fu il museo della mafia e tante altre cose.

Per brevi momenti abbiamo creduto che la forza delle idee potesse avere il sopravvento sulla burocrazia, sulla retorica, sull’antimafia da salotto e da togastri. Temevamo, certo, per lui, assediato dalle minacce di morte regolarmente, giacché denunciava il più grosso affare criminale in atto nell’Italia del Sud: la desertificazione a mezzo eolico selvaggio. Ma pensavamo che l’avrebbe avuta vinta con la sua caparbietà, il suo fulgido senso di giustizia, il suo essere un gentiluomo.

Ebbene, ci sbagliavamo. Hanno vinto loro. Un bel sospetto di mafiosità ed ecco spazzata via, in quarantott’ore, la speranza che esista, nel Mezzogiorno d’Italia, una via salvifica attraverso la sua ricchezza e l’impegno degli uomini degni. Ci sarebbe potuto essere contagio: le teste di rapa che gestiscono in ogni ordine e rango la cosa pubblica avrebbero potuto immaginare che forse si può fare altro che il pubblico impiego e la clientela, e fare ricchezza autentica a partire dalla nostra vera ricchezza: il patrimonio storico-artistico. Giammai. L’esercito della conservazione, del privilegio, e dello sfruttamento si è ricompattato ed ha fatto falange. In piccolo accadde alla Rai, ricordate? La cultura non fa ascolto, si chiuda. E ora: la cultura è mafiosa, si sciolga. E’ evidente: il gregge è facile da tacitare con un’offa se è ignorante e cieco. Il potere ha bisogno di un’università di asini, di una pubblica amministrazione d’incolti, di retorica un tanto al chilo da chetempochefa per sfruttare il territorio ara per ara, solo per immonda speculazione privata. E di giovani utili-idioti, mai formati ed informati, solo ideologizzati. Vittorio Sgarbi è un autentico sovversivo: va fermato con ogni mezzo.

Adesso è certo: inutile sperare che si levino dalla Valle dei Templi gli spiriti dei saggi, che Eolo indirizzi nelle sue brezze un messaggio di conoscenza, d’arte e di salvezza. Inutile sperare che la bandiera issata in quel giorno lontano da un sognatore folle, possa tornare a vibrare ed a farci commuovere mostrando quanto è radiosa e quanto combatte per essere, la nostra Italia. La nostra, la vostra Italia, non c’è più. Non c’è nemmeno per  quegli ingenui che l’hanno negata, per ragioni di cultura e che pure negandola, ne testimoniavano l’esistenza. Diodoro di Sicilia e la sua biblioteca universale hanno traslocato. Restano nella memoria di qualche nostalgico. Ora ci sono gli Ingroia e non c’è Archimede che inventi un’arma per annientarli.

Infiltrazioni mafiose? Arrestateci pure, sbatteteci preventivamente in galera come sempre fate con chi dissente da voi. Lo diremo lo stesso: se mafia era quella del Sindaco Sgarbi e del suo Consiglio, ebbene, che mafia sia! In ogni Comune del nostro Mezzogiorno vogliamo una mafia così. Professor Sgarbi, c’è un paese, nel Molise, con un castello. Li intorno sono progettate una sterminata massa di pale eoliche, desertificazione a tappeto. Fu il nostro paese, un tempo. Poi anche noi gettammo la spugna. Lei lo conosce bene. Allora, visto che a breve ci saranno le elezioni, vorrebbe essere tanto gentile di portarci un po’ della sua mafia? Se occorre, la difenderemo. Anche con le armi. Accendiamo un’altra lucina e se andrà male, non ci penseremo più.

Angela Piscitelli
Zona di frontiera, 6 Febbraio 2012


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